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Opinioni
Violenze nel carcere di Santa Maria Capua Vetere (Caserta)

Non siete Stato voi. I delinquenti li punisce lo Stato col carcere, non gli agenti con le botte

Non siete Stato voi. No, non siete Stato ed è giusto che oggi lo Stato Italiano, quello che ancora sostiene di essere ‘di diritto’ rivolti come un calzino il carcere di Santa Maria Capua Vetere e riveda a fondo la struttura della Polizia Penitenziaria italiana. L’orribile è già accaduto: dobbiamo attendere l’irreparabile?
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Non siete Stato voi. 

Le guardie penitenziarie se lo dicono da sole. Se lo ripetono come un mantra: non è colpa nostra. Le carceri sono sovraffollate, «i detenuti sono la maggioranza» e nei terribili giorni delle violenze all'Uccella di Santa Maria Capua Vetere c'erano state sommosse e tra le sbarre c'erano uomini che ribollivano d'ira.

Non siete Stato voi.

Se lo ripete la politica: non è colpa nostra, l'edilizia carceraria, il sovraffollamento, la giustizia troppo lenta. La politica domani andrà a manifestare sotto al carcere (per chi? Contro cosa). O s'indignerà e si sdegnerà in un'Aula parlamentare ripetendosi che va fatto di più. Qualcuno più furbo di altri parlerà di indulto e condono e butterà in vacca la discussione.

Non siete Stato voi.

Gom: Gruppo Operativo Mobile della Polizia Penitenziaria. «Sganciato da ogni controllo è chiamato a gestire le emergenze, i casi particolari, le situazioni a rischio. E la caserma di Bolzaneto di Genova era una di queste» dice l'associazione Antigone. A vent'anni dal G8 di Genova e dal Global Forum di Napoli, dalla caserma Raniero alla Bolzaneto, poco o nulla è cambiato. Nessun identificativo sulle divise, nessuna paura di essere scoperti. Erano in cinquantotto, ognuno con un ruolo, ci sono video, foto, ci sono 1000 pagine di atto d'accusa. Cosa faceva di questi agenti dei gradassi violenti e convinti di essere lo Stato (proprio così diceva uno di loro «lo Stato sono io»). Perché si sentivano così sicuri?

Non siete Stato voi.

La distorsione argomentativa secondo la quale «non dimentichiamo chi sono i delinquenti in questa storia» tradisce una pericolosa verità di fondo. Il carcere come vendetta, i ristretti come candidati alla tortura, il disinteresse su ciò che accade in galera come principio cardine d'un Italia che non ha solo dimenticato la sua Carta Costituzionale (lo dice oggi la Guardasigilli Marta Cartabia e chissà se farà altro oltre che sdegnarsi) ma anche un giurista italiano, Cesare Beccaria, che nel 1764 diede alle stampe un testo che recitava così: «Perché ogni pena non sia una violenza di uno o di molti contro un privato cittadino, dev'essere essenzialmente pubblica, pronta, necessaria, la minima delle possibili nelle date circostanze, proporzionata a' delitti, dettata dalle leggi».

No, non siete Stato ed è giusto che oggi lo Stato Italiano, quello che ancora sostiene di essere ‘di diritto', rivolti come un calzino il carcere di Santa Maria e riveda a fondo la struttura della Polizia Penitenziaria italiana. L'orribile è già accaduto: dobbiamo attendere l'irreparabile?

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Giornalista professionista, capo cronaca Napoli a Fanpage.it. Insegna Etica e deontologia del giornalismo alla LUMSA. Ha una newsletter dal titolo "Saluti da Napoli". È co-autore dei libri "Il Casalese" (Edizioni Cento Autori, 2011); "Novantadue" (Castelvecchi, 2012); "Le mani nella città" e "L'Invisibile" (Round Robin, 2013-2014). Ha vinto il Premio giornalistico Giancarlo Siani nel 2007 e i premi Paolo Giuntella e Marcello Torre nel 2012.
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