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Nella nuova puntata di ‘Confidential’ l’omicidio di Matilde Sorrentino: viaggio alla ricerca del mandante

Una storia che intreccia pedofilia, criminalità organizzata e giustizia incompiuta: è quella dell’omicidio di Matilde Sorrentino, la mamma coraggio di Torre Annunziata.
A cura di Redazione Napoli
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Dopo oltre 20 anni il processo sull'omicidio di Matilde Sorrentino, sugli abusi sui bambini di prima elementare della scuola del ‘rione dei Poverelli' di Torre Annunziata (Napoli) non ha ancora stabilito chi sia stato il mandante, se davvero si sia trattato del boss della camorra Francesco Tamarisco alias «'o pazzo» accusato di essere uno degli abusatori di bambini, poi assolto da una sentenza della Corte di Cassazione, mentre gli altri 15 indagati furono condannati.

Il caso torna al centro dell'attenzione con una nuova puntata di Confidential, il programma di inchiesta di Fanpage. La storia intreccia pedofilia, criminalità organizzata e giustizia incompiuta: quella di una madre uccisa pochi giorni dopo aver contribuito alla condanna di una rete di abusatori di bambini attiva in una scuola elementare  in provincia di Napoli. A guidare la puntata è Francesco Piccinini, direttore di Deepinto, affiancato da Chiara Freddi, autrice dell’inchiesta seguita in tre puntate, da Tommaso Ricciardelli e dalla criminologa Marta Casà. «Ancora oggi non sappiamo chi sia il mandante dell’omicidio di Matilde Sorrentino», ricorda Piccinini in apertura, sottolineando come il processo non sia mai arrivato a una verità definitiva.

Confidential si è già occupata del caso. Stavolta ricostruisce anche il clima di intimidazione che accompagnò il processo. «Noi blindammo quel tribunale con tiratori scelti”, racconta uno degli investigatori. “Ci dicevano: ‘state difendendo sti…’, e le minacce erano continue”. Le udienze si svolgevano in un tribunale aperto, con parenti degli imputati presenti in aula: “Mamme, sorelle, mogli entravano liberamente e insultavano le vittime”.

Particolarmente duro il racconto delle domande rivolte ai bambini. “Chiedevano se gli era piaciuto essere toccati”, viene ricordato con indignazione. Un esempio evidente di quella che Marta Casà definisce “vittimizzazione secondaria”: «La persona continua a soffrire non solo per il reato, ma per tutto ciò che accade dopo, nel processo e nella società». Un passaggio centrale riguarda la protezione delle famiglie dopo gli arresti. Vengono allontanate per poche settimane, poi costrette a rientrare. “È stato l’unico atto di tutela che lo Stato ha fatto nei loro confronti”, dice un testimone. “Dopo venti giorni tornano a casa, in un contesto ad altissima densità criminale”.

La puntata ricorda anche due omicidi rimasti senza colpevoli: quelli di Ciro Falanga e Pasquale Sansone, condannati per pedofilia e uccisi poche ore dopo la scarcerazione per decorrenza dei termini. «Ci fu una vera e propria sentenza di morte da parte dei clan», emerge dalle dichiarazioni di un collaboratore di giustizia.

Nel dibattito entra anche Francesco Emilio Borrelli,  deputato napoletano che seguì bene il caso. E che ora, al microfono del format d'inchiesta giornalistica  denuncia l’ipocrisia del sistema: «Tutti hanno diritto alla difesa, ma tutti hanno anche diritto alla dignità. Qui quella dignità è stata calpestata». E aggiunge: «Le vittime vengono dimenticate. Si ricordano solo i carnefici».

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