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Napoli non è il Terzo Mondo, Napoli ha un debito da Terzo Mondo

Napoli è il Terzo Mondo? Davvero vogliamo far passare questo concetto? E allora la soluzione è semplice: cancelliamo il debito che l’affligge.
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Napoli non è il Terzo Mondo. Napoli ha un debito da Terzo mondo che è tutt’altra storia. Oggi alla Camera dei Deputati il ministro dell’Interno ha portato all’attenzione del Parlamento l’acqua calda partenopea. Ovvero che la terza città d’Italia sta sprofondando nei debiti sostanzialmente nel silenzio assoluto, un silenzio che ha molti complici fra centrodestra, centrosinistra e amministrazioni cittadine precedenti.

La notarella del debito è la seguente: Napoli ha 750 posizioni debitorie aperte, oltre il 90% delle quali con Cassa Depositi e Prestiti (che è un ente finanziario gestito per l’83% dallo Stato e il restante da fondazioni bancarie). Se tiriamo una linea e sommiamo i debiti abbiamo la cifra di 3 miliardi di euro. Ogni anno, tra le rate di rimborso dei debiti e gli interessi questa cifra si incrementa di altri 230 milioni. Mica è finita qua: il Comune è inoltre gravato da altri 175 milioni di euro annui di debito, per un totale di poco più 400 milioni di euro ogni 12 mesi.

Quando la giornalista francese di “Le Figaro” in un reportage di un mese fa che chissà come mai è diventato oggetto di discussione soltanto ora definisce Napoli «Terzo Mondo in Europa» dobbiamo intenderci e non offenderci.

Essere Terzo Mondo non significa mica essere in un posto brutto. Terzo Mondo sono definiti molti luoghi di Africa, Asia e America Latina pieni di bellezze naturali, storiche, architettoniche.

Il problema sono i disagi economici e sociali che la condizione di Terzo Mondo comporta: mancano i soldi per l’assistenza medica, per l’istruzione, per lo sviluppo e lavoro. A molte persone che vivono in questa condizione, lo sappiamo, manca anche il cibo. Napoli rientra in questo scenario così drammatico, così estremo? No. Non per tutto, ovviamente.

Ma che qui ci siano problemi di vivibilità, tutela delle fasce deboli e perfino di assistenza socio sanitaria non è una invenzione e non ci voleva “Le Figaro” per stupirci di una condizione quotidianamente raccontata e sotto gli occhi di tutti coloro che hanno voglia e coraggio di guardare la città così com’è.

Ma se volete insistere… Napoli è dunque Terzo Mondo? Davvero vogliamo far passare questo concetto? E allora la soluzione è semplice: cancelliamolo, il debito. Ma forse la situazione, come sempre, è più complessa.

Per un decennio riempiendosi la bocca di “È bellissimo vivere a Napoli” chi ha governato la città ha raccontato la favoletta della "capitale del Mediterraneo" che andava avanti a suon di musica, resilienza e rivoluzione. Non era così, non è così.
Così, dopo il sindaco della narrazione, ora ci tocca il sindaco della lamentazione: Gaetano Manfredi è infatti al limite della geremiade col suo peregrinare tra tv, giornali, assemblee e riunioni chiedendo soldi e lamentando che così non ce la si fa.

È antipatico ammetterlo, ma era necessario riportare la realtà al centro della trattativa, riponendo nel cassetto le vecchie cartoline della capitale del Regno: Napoli non si salva da sola. Ma senza Napoli non si salva il resto del Paese. O meglio, potrebbe pure salvarsi, con un piccolo eccesso di menefreghismo istituzionale. Ma il governo Draghi è sicuro di voler pagare questo prezzo?

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Giornalista professionista, capo cronaca Napoli a Fanpage.it. Insegna Etica e deontologia del giornalismo alla LUMSA. Ha una newsletter dal titolo "Saluti da Napoli". È co-autore dei libri "Il Casalese" (Edizioni Cento Autori, 2011); "Novantadue" (Castelvecchi, 2012); "Le mani nella città" e "L'Invisibile" (Round Robin, 2013-2014). Ha vinto il Premio giornalistico Giancarlo Siani nel 2007 e i premi Paolo Giuntella e Marcello Torre nel 2012.
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