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Morte di Cosimo Di Lauro, l’autopsia: “Nessun segno di violenza autoinflitta”

Questo l’esito dell’autopsia eseguita sulla salma. All’esame hanno assistito il fratello Antonio e un consulente di parte.
A cura di Pierluigi Frattasi
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Cosimo Di Lauro nella foto segnaletica e al momento dell'arresto
Cosimo Di Lauro nella foto segnaletica e al momento dell'arresto

"Nessun segno di violenza autoinflitta" sul corpo di Cosimo Di Lauro, il boss dell'omonimo clan di camorra di Secondigliano, morto a 48 anni, lunedì mattina, 13 giugno, nel carcere milanese di Opera, dove stava scontando l'ergastolo. Questo l'esito dell'autopsia eseguita sulla salma. Cosimo era il primogenito di Paolo Di Lauro. Alle operazioni di riconoscimento ha partecipato anche il fratello Antonio, assistito dall'avvocato Vittorio Giaquinto, che sarebbe rimasto colpito dalle condizioni in cui ha trovato il corpo. L'esame autoptico è stato eseguito alla presenza anche di un consulente tecnico di parte. Si è in attesa, adesso, anche degli esami istologici e tossicologici disposti sui campioni di tessuto prelevati durante gli accertamenti.

I funerali in forma privata

La Questura Di Napoli, come anticipato ieri da Fanpage.it, ha vietato i funerali pubblici per Cosimo Di Lauro. Le esequie si terranno, quindi, in forma strettamente privata. La Procura della Repubblica di Milano, intanto, ha aperto un fascicolo per omicidio colposo, come di prassi in questi casi. Obiettivo degli inquirenti è non solo determinare le cause della morte del 49enne, che sarebbe stato stroncato da un infarto, ma stabilire le sue condizioni di salute negli ultimi anni e capire se avesse ricevuto le dovute cure mediche e psicologiche.

Cosimo Di Lauro è stato ritrovato privo di vita all'interno della cella dove era recluso al regime del carcere duro. La salma sarà restituita ai parenti solo al termine degli esami clinici, in modo da poter essere benedetta. Negli ultimi anni Di Lauro, da quanto è trapelato in questi giorni, era stato vittima di un drastico tracollo psicologico durante la detenzione, al 41bis: farneticava in cella, fumava fino a cinque pacchetti di sigarette al giorno, rifiutava l'igiene personale e di notte ululava. Praticamente irriconoscibile, aveva perso 30 chili. Già dal 2008 i suoi legali avevano sostenuto che non fosse più in grado di partecipare ai processi e avevano richiesto più volte perizie psichiatriche.

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