Maurizio de Giovanni ricorda Andrea Camilleri: “Ha insegnato a raccontare il Sud senza cadere negli stereotipi”

Il napoletano e il siciliano. "Giallisti", accomunati da una profonda curiosità per il mondo e per chi lo popola, legatissimi alle loro terre d'origine, capaci di riportare alla lettura tante persone che fino a quel momento – in Italia purtroppo sono molte – non avevano più aperto un libro da anni. Andrea Camilleri e Maurizio de Giovanni furono amici, non solo colleghi. E oggi lo scrittore e sceneggiatore partenopeo, tra gli autori italiani più letti e tradotti, creatore del "Commissario Ricciardi" e dei "Bastardi di Pizzofalcone", parla con l’affetto dell’amico e l’ammirazione del defunto inventore del "Commissario Montalbano", morto nel luglio 2019, a cento anni dalla sua nascita: «Ho avuto la fortuna di conoscere la sua immensa statura umana, prima ancora dello straordinario scrittore che è stato. Era un gigante della letteratura, ma anche un uomo che non ha mai smesso di interrogare il Paese e di costringerlo a guardarsi dentro. Raccontare Camilleri non è comodo e lui non ha mai voluto esserlo. La vera eredità di Camilleri è aver dimostrato che il Sud non è periferia, ma centro di storie universali. Ha insegnato a raccontare un territorio senza cadere negli stereotipi, mantenendo però la sua identità. Sarebbe stato facile ridurre la Sicilia alla mafia o Napoli alla camorra, ma non deve essere l’unico oggetto del racconto. Andrea lo ha mostrato con forza, ed è un insegnamento che dobbiamo portare avanti».
Il ricordo è contenuto nel documentario "Camilleri 100", diretto da Francesco Zippel e coprodotto da Rai Documentari e Quoiat Films con il contributo di Rai Teche, in onda sabato 6 settembre alle 21.15 su Rai 1.
Il parallelo fra il siciliano di Porto Empedocle e il napoletano è inevitabile. «Io non ho la sua profondità – dice De Giovanni – ma, come la Sicilia, anche Napoli racconta storie senza sosta». Secondo lo scrittore partenopeo il lascito di Camilleri vale soprattutto per i giovani autori: «Camilleri raccontava popolari e aristocratici, colti e ignoranti con la stessa attenzione, senza scegliere un campo, ma restituendoli nella loro verità. Ai giovani direi: imparate da lui a raccontare l’identità senza ridurla a stereotipo, ad avere il coraggio di restituire la complessità della vita».