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“La nostra bancarella a piazza Dante da tre generazioni. Non mandateci via”

La storia di Gianni Amodio della storica bancarella di piazza Dante, davanti a Palazzo Ruffo di Bagnara, sfrattata dal Comune.
A cura di Pierluigi Frattasi
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Giovanni e Gennaro Amodio
Giovanni e Gennaro Amodio

"Siamo in piazza Dante con la nostra bancarella da più di 100 anni. Tre generazioni della stessa famiglia si sono avvicendate in oltre un secolo. All'inizio vendevamo spazzole e pipe. Oggi cappelli e cinture. Non mandateci via". È l'appello di Giovanni Amodio, 55 anni, titolare, con il fratello Gennaro, della storica bancarella di cinture, cappelli e magliette di piazza Dante che si trova davanti a Palazzo Ruffo di Bagnara.

Il Comune di Napoli, il 21 febbraio scorso, ha avviato la procedura di revoca della concessione, dando 20 giorni di tempo per le controdeduzioni. Il motivo è che lo scorso anno era scaduta la concessione, il Municipio ne stava preparando una nuova fino al 2032, ma la Soprintendenza ai Beni Culturali, a fine novembre 2022, non ha concesso il nulla osta, in quanto su Palazzo Ruffo di Bagnara, che risale al XVII secolo, c'è un vincolo monumentale. La bacarella, però, è lì dal 1908.

Per 100 anni la bancarella è stata in piazza Dante, adesso il Comune dice che dovete andare via. Come l'avete appreso?

È stato un fulmine a ciel sereno. Noi siamo lì da tre generazioni, tantissime persone sono affezionate alla nostra bancarella, che in tanti anni è diventata un punto di riferimento per turisti e cittadini. Noi ci teniamo al nostro lavoro, diamo indicazioni anche ai visitatori, facciamo accoglienza. Poi all'improvviso ti trovi di fronte al mancato rinnovo, ti danno 20 giorni di tempo per rispondere o andare via.

La Soprintendenza ha negato il nulla osta, perché su Palazzo Ruffo di Bagnara c'è un vincolo monumentale. Che ne pensa?

Ma la nostra bancarella è presente da prima del vincolo, che fu posto sembra nel 1939. Noi siamo lì da almeno il 1908, forse anche prima del Novecento. Mio zio Gennaro Degli Onofri, da parte materna, aveva una invalidità della gamba e gli diedero il permesso di stare accanto alla chiesa. La mamma di papà faceva la portiera nel palazzo a fianco. C'è una vita intera in quella bancarella. La bancarella poi è stata tramandata di padre in figlio. Mio zio crebbe mio padre Giuseppe dall'età di 5 anni, il quale ha lavorato nella bancarella fino a 81 anni, quando è morto, e siamo subentrati io e mio fratello. Toglierci la bancarella oggi non è giusto, è una parte della piazza. Non voglio nemmeno pensare come la prenderebbe mia mamma che oggi ha 87 anni.

Cosa si vendeva all'inizio?

All'inizio si vendevano pettini, spazzole, ferma capelli, pipe. Oggi ci siamo specializzati sulla vendita di cappelli, cinture, qualche accessorio per i turisti.

Cosa chiedete al Comune?

Chiediamo di restare e di valutare eventualmente il nostro progetto di miglioramento. Nel 2002 avemmo il rinnovo della concessione. C'era l'idea di un piano di decoro per le bancarelle della piazza, ma il Comune non ha fatto nulla. Ci siamo mossi noi, chiedendo ad un architetto di fare un progetto per migliorare il decoro della bancarella. Siamo disponibili ad investire a spese nostre. Siamo persone oneste, non abbiamo precedenti penali, abbiamo sempre pagato il canone di occupazione suolo, le tasse e l'Inps. Io ho tre figli. Tutti i giorni scendiamo alle 6 di mattina a lavorare, col sole o con la pioggia. A Napoli negli ultimi anni sono spuntati gazebo e dehors ovunque, ma la nostra bancarella che sta lì da 100 anni, invece deve andare via.

A fianco c'è un gazebo storico che è chiuso da anni, potreste trasferirvi lì?

Sarebbe bello poterlo gestire, invece di vederlo chiuso. Il problema è che non lo assegnano da anni. Ma noi vogliamo restare dove siamo da sempre. Chiediamo solo di essere ascoltati.

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