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La Napoli dell’Ottocento alle Scuderie del Quirinale: la mostra dal 27 marzo al 16 giugno

Una grande mostra dedicata alle opere d’arte della Napoli post Rivoluzione Francese e fino allo scoppio della Prima Guerra Mondiale alle Scuderie del Quirinale.
A cura di Giuseppe Cozzolino
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Una mostra alle Scuderie del Quirinale sulla Napoli dell'Ottocento: una grande esposizione, curata da Sylvain Bellenger insieme a Jean – Loup Champion, Carmine Romano e Isabella Valente, organizzato assieme al Museo e Real Bosco di Capodimonte ed in collaborazione con la Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea, la Direzione Regionale Musei Campania, l’Accademia di Belle Arti di Napoli e la Stazione Zoologica Anton Dohrn.

"Napoli Ottocento. Degas, Fortuny, Gemito, Mancini, Morelli, Palizzi, Sargent, Turner" vedrà l'inaugurazione domani, mercoledì 27 marzo, e durerà fino al 16 giugno 2024 alle Scuderie del Quirinale. Saranno 250 i capolavori in mostra che permetteranno di vedere la Napoli post Rivoluzione Francese del Settecento, quella dell'Unità d'Italia e fino allo scoppio della Prima Guerra Mondiale. Opere, statue, la riscoperta di Ercolano e di Pompei che ha di fatto "inaugurato" il ritorno del classicismo partenopeo: una mostra, insomma, imperdibile.

"Un progetto ambizioso", ha commentato Sylvain Bellenger, "che espone le opere d'un secolo troppo poco conosciuto: l'Ottocento napoletano. La Napoli del XIX secolo ereditò sia la storia cosmopolita della Campania che la tradizione realista della scuola barocca napoletana". Bellenger ha anche sottolineato le caratteristiche di quella Napoli, e in particolare "l'attrazione delle rovine, l'abbagliante bellezza del Golfo di Napoli hanno dato vita alle scuole di paesaggio di Posillipo e Portici". Tra le opere in mostra, quelle di Jacques Volaire, Philipp Hackert, Anton van Pittloo, Thomas Jones, Filippo Palizzi, Giuseppe de Nittis, Domenico Morelli e Gioacchino Toma. "Gli oggetti d'arte e l'artigianato neopompeiano in bronzo e ceramica le sculture di Giuseppe Renda, Achille d'Orsi e, Francesco Jerace, Vincenzo Gemito", ha aggiunto ancora Bellenger, "rivelano una scuola che dominava l'Italia verista, mentre il virtuosismo di Antonio Mancini spostava il verismo pittorico verso la materia della pittura stessa aprendo la porta, all'arte informale di Lucio Fontana, Alberto Burri e del pittore vesuviano Salvatore Emblema".

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