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Kalashnikov e pestaggi, così i due boss volevano ricostruire il clan dei Casalesi

I Carabinieri e la Polizia hanno eseguito 13 misure cautelari tra Napoli e Caserta a carico di un nuovo gruppo criminale che ruotava intorno a Oreste Reccia e Vincenzo Ucciero, legati ai Casalesi: i due, secondo le accuse, con estorsioni e intimidazioni violente volevano rifondare il cartello dei Casalesi, sfruttando la strategia di terrore con cui il clan si era imposto venti anni fa.
A cura di Nico Falco
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Pestaggi, estorsioni, raffiche di Kalashnikov usate come intimidazioni. Strategia "vecchio stile", che ricorda gli anni '90, quella di due pregiudicati ritenuti legati al clan dei Casalesi, che appena scarcerati stavano cercando di ricostruire il cartello criminale ricompattando vecchi affiliati e nuove leve e presentandosi come "gli amici di Casale". Le misure cautelari sono state eseguite nella notte, dopo una veloce indagine con cui il nuovo clan è stato smantellato prima che riuscisse a rinsaldarsi.

Tra i destinatari delle 13 misure, eseguite dai Carabinieri e dalla Polizia di Stato di Caserta, figurano Oreste Reccia e Vincenzo Ucciero, scarcerati per fine pena rispettivamente nel marzo e nel settembre 2020. I due, secondo gli inquirenti, avrebbero subito tentato di rifondare il clan cominciando con le estorsioni ai danni di imprenditori e commercianti. Sebbene nel frattempo non sia stata sporta nessuna denuncia, gli inquirenti sono riusciti ad agire rapidamente grazie al controllo del territorio, che in questi anni non si è mai interrotto, e alle novità introdotte sulle intercettazioni.

Per gli inquirenti Reccia è storicamente vicino alla fazione dei Casalesi guidata da Francesco Schiavone, "Sandokan", mentre Ucciero, insieme al fratello Massimo, è da molti anni individuato come capozona di Villa Literno. Le indagini, coordinate dalla Dda di Napoli, coprono il periodo di 6 mesi, da novembre 2020 allo scorso maggio e hanno portato al sequestro delle armi che gli indagati avevano utilizzato per la loro strategia del terrore.

Gli episodi estorsivi sono avvenuti tra le province di Napoli e Caserta, in particolare ad Aversa, San Marcellino, Giugliano in Campania e a Villa Literno. Alle vittime venivano imposti pagamenti tra i mille e i 1.500 euro, chi si opponeva veniva intimidito con armi da fuoco o picchiato; il nuovo clan aveva fatto della violenza la sua arma principale, tanto che gli stessi imprenditori, anche davanti agli investigatori che li hanno convocati dopo aver ricostruito le estorsioni, si sono mostrati terrorizzati per eventuali ritorsioni.

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