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Guerra in Ucraina

Il prof napoletano Savino e l’odissea del rientro della moglie dalla Russia, tra Questura e Consolato

Il visto di reingresso di un familiare di cittadino italiano dalla Russia può diventare una storia infinita di ritardi e burocrazia. Non senza rischi. Il racconto del professore Giovanni Savino a Fanpage.it.
A cura di Cir. Pel.
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Giovanni Savino
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Giovanni Savino è uno degli studiosi italiani che meglio conoscono la situazione della Russia di Vladimir Putin, oggi. Il professore campano fino a prima della guerra insegnava Storia contemporanea all'Università di Mosca, ora è visiting professor all'Università di Parma. Da qualche tempo è dovuto tornare in Italia insieme alla sua famiglia. E non mancano i problemi rispetto ad operazioni consolari e d’ambasciata. L'ultima in ordine di tempo riguarda la moglie, Ksenia, russa di nascita ma in quanto coniugata familiare di cittadino italiano e quindi col diritto di rimpatrio nel nostro Paese.

È Savino stesso a spiegare a Fanpage.it, la sua odissea:

L’espulsione di 24 diplomatici italiani, decisa dal Ministero russo degli esteri come risposta ai 30 pari grado di Mosca nell’aprile scorso, hanno reso molto complicato da maggio di quest’anno lo svolgimento delle normali operazioni consolari e d’ambasciata. Purtroppo però non si son presi provvedimenti per far fronte alle difficoltà, e i familiari russi dei cittadini italiani si trovano a dover affrontare servizi carenti, a doversi interfacciare con il personale russo del consolato e del centro visti spesso confusionario nelle risposte, con danni di varia entità. In questa confusione, a farne le spese sono le famiglie italo-russe, come nel mio caso.

La moglie avrebbe pure evitato di affrontare il viaggio, ma purtroppo la scomparsa di una persona cara, ovvero la madre, l'ha costretta a intraprendere il complesso ritorno in Russia:

Veniamo avvisati il 14 giugno della morte di mia suocera, e essendo mia moglie figlia unica, non vi sono alternative: bisogna andare. Contatto subito il Consolato italiano, perché avevamo presentato domanda di permesso di soggiorno il 9 giugno, e il 20 sarebbe scaduto il visto di Ksenia. Non ricevo risposta, se non una mail automatica in cui si chiede di rivolgersi al Centro visti, appaltato a una compagnia privata.

Mia moglie parte il 16 giugno, e dopo una giravolta di informazioni confuse da parte del Centro visti, con l’aggiunta di telefonate a dir poco fumose al Consolato, si ottiene una risposta: Ksenia potrà presentare domanda di visto per familiare il 1 luglio, e forse otterrà qualcosa il 20 luglio. Tutto dipende, le spiegano sia al Centro visti che l’operatrice (russa) del Consolato, dalla questura di Caserta, dalla quale si dovrà ricevere il nulla osta.

Il 1 luglio viene presentato l’incartamento, e alla consegna si ripete più volte che "dipende tutto dalla questura". Passano i giorni, cresce l’attesa: nostra figlia ormai da settimane è senza la mamma, e non vi sono notizie. Oggi 20 luglio però una notizia arriva: la questura di Caserta non ha mai ricevuto richiesta di nulla osta dal Consolato italiano a Mosca.

La preoccupazione di Savino per la consorte non è  assolutamente da sottovalutare. alla luce dell’entrata in vigore in questi giorni della legge sulle “influenze straniere” in Russia, per la quale i cittadini russi che hanno contatti non meglio precisati con esse potrebbero vedersi sul banco degli imputati, «la lentezza di Consolato e Centro visti rischia – spiega il professore – di non far onore agli impegni presi dallo Stato italiano»:

Anche tenendo conto delle difficoltà che affronta la sede consolare nella capitale russa, resta da capire perché mai una situazione particolare come il visto di reingresso di un familiare di cittadino italiano non venga risolta in poco tempo, scaricando le responsabilità sulla questura di una provincia dove sicuramente i problemi non mancano.

In più ancora oggi risulta particolarmente stucchevole vedere come non si risponda a richieste cortesi e per iscritto dei cittadini italiani, e della modalità di lavoro forse adatta a tempi normali e non nel contesto della più grave crisi con la Russia degli ultimi trent’anni, negando di fatto il diritto alle famiglie dei cittadini italiani di poter vivere in sicurezza, e dei bambini di poter vedere i propri genitori insieme.

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