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Il narcos Bruno Carbone arrestato a Dubai: era l’ultimo broker della camorra latitante

Arrestato a Dubai il narcotrafficante Bruno Carbone: socio di Raffaele Imperiale, riforniva di cocaina i clan napoletani. Deve scontare 20 anni.
A cura di Nico Falco
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É finita la fuga del latitante Bruno Carbone: ricercato dal 2003 e legato a broker della droga del calibro di Raffaele Imperiale, l'uomo è stato bloccato nei giorni scorsi nell'aeroporto di Dubai, negli Emirati Arabi, ed è arrivato oggi a Ciampino, dove ad attenderlo c'erano gli uomini della Squadra Mobile di Napoli, del Nucleo Investigativo dei Carabinieri di Napoli e del Gico della Guardia di Finanza di Napoli. Deve scontare 20 anni di reclusione per sentenze già passate in giudicato ed è destinatario di altre due ordinanze.

Preso a Dubai il narcos Bruno Carbone

Secondo gli inquirenti, Carbone ha rifornito per anni diversi clan della camorra facendo arrivare valanghe di cocaina grazie ai rapporti diretti con i narcos colombiani; sarebbe il punto di riferimento per i Nuvoletta, ma anche per cosche ai vertici del narcotraffico campano e nazionale come i Ciccarelli del Parco Verde di Caivano e i clan del Rione Traiano.

Quando era stato intercettato nell'aeroporto degli Emirati Arabi il 45enne era in possesso di un documento falso, ma è stato riconosciuto e bloccato. All'arrivo a Roma gli è stata notificata l'ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal gip di Napoli (su richiesta della Direzione distrettuale antimafia locale) per fatti per i quali Carbone è stato già condannato in primo e secondo grado.

Contemporaneamente è stato eseguito l'ordine di carcerazione della Procura Generale di Catania, emesso a seguito di sentenza passata in giudicato per associazione finalizzata al traffico internazionale di stupefacenti, è una ordinanza di custodia cautelare in carcere del gip di Reggio Calabria (emessa su richiesta della locale Procura – DDA) per associazione finalizzata al traffico di stupefacenti.

Lo scambio di persona tra Carbone e Alfano nel 2020

A cavallo tra la fine del 2019 e l'inizio del 2020 era stato già annunciato l'arresto di Bruno Carbone, sempre a Dubai: il 20 dicembre in aeroporto un uomo si era presentato come tal Domenico Alfano, imprenditore. Un alias, secondo le forze dell'ordine emiratine, usato proprio da Carbone. Il sospetto, che era arrivato con moglie e figli, era stato fermato e incarcerato nonostante faccia e altezza non corrispondessero.

E in galera ci era rimasto per circa un mese,  fino a quando non era arrivata la risposta dai carabinieri (che gli inquirenti di Dubai avevano contattato dopo quasi due settimane) che avevano chiarito che si era trattato di uno scambio di persona: le sue impronte digitali, rilevate al momento dell'arresto, non corrispondevano con quelle contenute nei database italiani. Ovvero: era davvero Domenico Alfano, titolare di una pizzeria di Panama, e non Bruno Carbone, socio del narcos Raffaele Imperiale.

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