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Il 16 luglio 1647 moriva Masaniello, l’ultimo capopopolo napoletano

Il 16 luglio 1647 moriva Tommaso Aniello, detto Masaniello: la sua rivolta, iniziata un mese prima, si spense con il suo assassinio. Catturato nella Basilica del Carmine e ucciso in cella, fu gettato in un fosso mentre la testa consegnata al viceré. Non furono risparmiate neanche la madre, la sorella e la moglie. L’ultimo capopopolo napoletano fu condannato, postumo, anche alla damnatio memoriae.
A cura di Giuseppe Cozzolino
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Il 16 luglio del 1647 moriva Tommaso Aniello, detto "Masaniello", che fu anche l'ultimo capopopolo napoletano. Tradito e ucciso, con lui ebbe fine anche la rivolta contro le estreme condizioni di povertà nelle quali il popolino viveva, costretto ad osservare invece i lussi e gli sprechi dei nobili napoletani. La sua morte fu seguita anche dalla damnatio memoriae, alla quale le autorità decisero di non risparmiare nessuno, neppure la sua famiglia: la madre e la sorella furono raggiunte a Gaeta, dove erano scappate, e uccise lì. La moglie, incinta, fu risparmiata per questo ma costretta a vivere nella povertà, costretta a prostituirsi per sopravvivere, nonché picchiata e derubata dai soldati spagnoli suoi clienti per sfregio, finché non morì anche lei per la peste che nove anni dopo avrebbe colpito Napoli.

La vicenda di Masaniello ancora oggi divide la critica: innegabile, infatti, il suo valore rivoluzionario. Ma è anche diventato il simbolo di un modo di affrontare tematiche importanti, come povertà e crisi sociale, in maniera arruffata e caotica, tanto da finire per diventare egli stesso prigioniero di sé stesso, fin quando non è stato tradito da una parte dei suoi stessi rivoluzionari.

Nato il 29 giugno del 1620 nel Vico Rotto al Mercato, dietro la popolare piazza del Mercato di Napoli, Tommaso Aniello seguì le orme paterne di pescatore e pescivendolo, al quale però affianca anche l'attività del contrabbando: per eludere le pesanti tasse che colpivano soprattutto i commercianti, spesso veniva scoperto aggirarle consegnando direttamente il cibo a casa degli acquirenti, in gran parte appartenenti al ceto medio. Nel giugno del 1647, la situazione era tesissima: in Sicilia vi erano state continue rivolte contro le truppe del Re, proprio per protestare contro le eccessive tasse. Quando agli scontri al mercato ci scappò il morto, Masaniello radunò un gruppo folto di popolani che, armati di lancia, si lanciarono all'assalto di Palazzo Reale: era il 7 luglio 1647.

L'irruenza fu tale che le truppe di guardia, meglio armate, furono sbaragliate, e i rivoltosi arrivarono fino alle stanze della viceregina. Il viceré era invece riuscito prima a scampare al linciaggio, e rifugiarsi a Castel Sant'Elmo prima e Castel Nuovo (il Maschio Angioino) subito dopo, promettendo l'abolizione delle tasse più pesanti. Ma la rivolta non si placò: i rivoltosi continuarono a tenere in scacco l'intera città per giorni, e per la prima volta Napoli, la "fedelissima", come veniva chiamata dai Re di Spagna, era in preda al caos amministrativo. Il pericolo che il Vicereame potesse cadere fu tale che i nobili capitolarono e, dopo quattro giorni di rivolta, "accolsero" Masaniello nei propri ranghi, con il rango di "Capitano generale del fedelissimo popolo napoletano".

Fu così che Masaniello iniziò e portò a compimento, in poco tempo, una incredibile trasformazione, forse dovuta all'improvviso potere quasi assoluto di cui lo investirono i nobili. Iniziarono una serie di comportamenti strani e folli, tra cui il "progetto" di distruggere piazza Mercato e trasformarla in un porto con un ponte che collegasse direttamente Napoli alla Spagna. Alla follia, si aggiunse però altro: Masaniello ordinò una serie di esecuzioni, spesso sommarie, verso chi gli si opponeva. E fu la goccia che fece traboccare il vaso. Ed era passato appena un mese dalla rivolta. Il 16 luglio iniziò la "controrivolta" contro Masaniello, che venne catturato nella Basilica del Carmine. Fu ucciso poche ore dopo, nella sua cella, a colpi di fucile da alcune guardie: il suo corpo fu umiliato, la testa staccata dal busto, che fu gettata in un fosso tra i rifiuti tra Porta del Carmine e Porta Nolana, mentre la testa consegnata al viceré come prova della sua uccisione. Finì quel giorno la sua avventura come "sovrano" di Napoli: era durato appena nove giorni, e la sua figura rimane ancora oggi nell'immaginario collettivo come una delle più violente, per quanto brevi, ribellioni popolari contro il potere assoluto dei sovrani in Europa.

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