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Opinioni

I napoletani non hanno bisogno di una Giornata dell’orgoglio partenopeo

Noi figli di Eduardo e Massimo Troisi abbiamo trovato il nostro equilibrio tra la contentezza dell’essere partenopei, l’ironia e la spietata critica sullo stato di cose della città. Dunque non venite a propinarci una “giornata dell’orgoglio”. E se la politica locale vuole davvero far qualcosa per renderci orgogliosi di questa residenza sotto al Vesuvio si occupi di solo due cose: alzare i rifiuti da terra, far passare puntuali bus e metropolitane.
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«Orgoglio e dignità! Dignità e orgoglio!». In "Ricomincio da Tre" Massimo Troisi guardava perplesso un disturbato Marco Messeri che andava ripetendo questa frase. Ne ridevamo ma passato è il tempo del Napoletano Ironico: oggi è tutto cercare una consapevolezza, una awareness  che poco c'azzecca con l'essere nato a Napoli che forse per qualcuno è un vantaggio e per altri uno svantaggio  ma che sicuramente non può essere una precondizione per tracciare la propria vita (a tal proposito basterebbe rivedersi il finale di "Così parlò Bellavista", il dialogo nel traffico di Luciano De Crescenzo col milanese Cazzaniga) .

Insomma, tutto questo paraustiello per dire che no, Napoli di tutto ha bisogno fuorché di una Giornata dell'orgoglio napoletano. Tutti a glorificare l'orgoglio, questo (interpreto dal vocabolario) sentimento unilaterale, questo squilibrio nei rapporti sociali, questo moto d'arroganza, questo incedere pettoruto . L'orgoglio napoletano non esiste. Come non esiste l'orgoglio milanese o quello che so, turco? Americano?

Purtroppo tra le ultime fesserie varate dal sindaco di Napoli uscente, Luigi De Magistris e dalla sua giunta, avremo quest'ennesima sciocchezza segnata sul calendario il 30 settembre,  per – leggiamo dalla delibera «ricordare con orgoglio i motivi per cui essere fieri della propria appartenenza identitaria». Premesso che a Napoli di motivi ne avremmo più per essere incazzati che per essere orgogliosi, se qualcosa c'è che ci rende contenti di questa appartenenza territoriale (che non è solo anagrafica ma anche di spirito) non ci vuole certamente una giornata per ricordarcela. Ma poi che facciamo, ci mettiamo lì il 30 settembre e ci concentriamo pensando a quanto è bella Napoli, il sole, la pizza e il mandolino? La generazione dei napoletani quarantenni/cinquantenni di oggi – almeno quelli pochi non totalmente rimbecilliti dai social e dalla propaganda identitaria ha  trovato in Eduardo, in Pino Daniele, in Massimo Troisi, in Raffaele La Capria, in Paolo Sorrentino,  ma anche in mille altri intellettuali nati qui, le ragioni d'un orgoglio e di una continua e costante critica tesa all'analisi e al miglioramento, non certo a questo stupido compiacimento sul Napoletano bello sempre e comunque.

Se il Comune di Napoli vuole, come dice «salvaguardare la memoria storica, valorizzare la cultura napoletana, riconoscere il valore di quanti hanno lottato per la difesa delle nostre terre e celebrare chi, attraverso le proprie imprese, porta in alto il nome di Napoli nel mondo» allora pensi a fare soltanto due cose: eliminare rifiuti e degrado urbano, migliorare i trasporti pubblici. Non cento cose, due cose, due sole.

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Giornalista professionista, capo cronaca Napoli a Fanpage.it. Insegna Etica e deontologia del giornalismo alla LUMSA. Ha una newsletter dal titolo "Saluti da Napoli". È co-autore dei libri "Il Casalese" (Edizioni Cento Autori, 2011); "Novantadue" (Castelvecchi, 2012); "Le mani nella città" e "L'Invisibile" (Round Robin, 2013-2014). Ha vinto il Premio giornalistico Giancarlo Siani nel 2007 e i premi Paolo Giuntella e Marcello Torre nel 2012.
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