video suggerito
video suggerito

Fave e frutta, così i padroni nutrivano gli schiavi: i resti “pietrificati” dalla lava a Pompei

Scoperti i resti di fave e frutta in un deposito di alimenti a Pompei: servivano a nutrire gli “strumenti parlanti”, come venivano chiamati dai padroni.
A cura di Giuseppe Cozzolino
2 CONDIVISIONI
I resti ritrovati nella villa di Civita Giuliana a Pompei
I resti ritrovati nella villa di Civita Giuliana a Pompei

Una "dieta" integrata con fave e frutta: così i padroni dell'antica Pompei nutrivano i propri schiavi, considerati "strumenti parlanti", ovvero come semplice oggetti seppur dotati di capacità intellettive. La scoperta è stata fatta all'interno della villa di Civita Giuliana, appena fuori le mura dell'antica Pompei. In uno degli ambienti al primo piano del quartiere servile della grande villa (che è da intendersi non nel senso moderno di abitazione di lusso, ma di una enorme struttura che comprendeva una fattoria, la casa del padrone, quella degli schiavi, e a volte altre dipendenze come terme private. Non a caso in francese il termine "città" è proprio "ville", ndr) sono stati trovati resti di anfore con fave, un grande cesto di frutta con pere, mele e sorbe.

L'economia basata sulla schiavitù

La schiavitù era il "motore" economico dell'antica Roma: anche se inizialmente, nella fase regia e repubblicana, lo schiavo godeva perfino di qualche diritto (e spesso anzi venivano affrancati, cioè liberati, dai padroni in punto di morte come gesto umano), nella fase imperiale tutto questo era quasi un ricordo. Colpa della "rarità" che era infatti crollata: se in età regia e repubblicana lo schiavo era spesso il prigioniero del villaggio rivale o della tribù contro cui Roma era andato in guerra, e dunque raro e costoso, in età imperiale l'afflusso soprattutto dall'Asia era continuo e fece rapidamente crollarne il "prezzo" e l'affezione. Da qui il termine, mostruoso, di "strumenti parlanti".

Nella villa almeno 50 schiavi

Nello scavo di Villa Giuliana sono state trovate anche le loro celle, dove oltre agli uomini venivano tenute anche donne e bambini (la schiavitù era infatti "ereditaria"): celle di 16 metri quadri, con tre letti all'interno. La conservazione di fave e frutta al primo piano mostra invece l'importanza che veniva data al cibo: più protezione da parassiti e roditori, ma soprattutto razionamento. Al piano terra, dove si trovavano le celle, sono stati trovati diversi esemplari di topi e ratti, mentre al piano superiore dove alloggiavano con ogni probabilità i "servi più fidati", che dunque esercitavano a loro volta un controllo sugli altri. Tuttavia, considerando che nella Villa dovevano "lavorare" circa 50 schiavi, non è escluso che la loro alimentazione fosse migliore delle classi più povere della città, proprio perché "costretti" ad essere in salute per poter lavorare senza problemi. Un fenomeno, quest'ultimo, che fa da anticamera al medioevo, quando appunto le classi più povere si "sottometteranno" spesso volontariamente al potente del posto, garantendosi dunque, cibo e alloggio seppur rinunciando di fatto ad ogni diritto.

Zuchtriegel: "Schiavitù di oggi ha altre forme e altri nomi"

"Sono casi come questo in cui l’assurdità del sistema schiavistico antico diventa palese. Esseri umani vengono trattati come attrezzi, come macchine, ma l’umanità non si può cancellare così facilmente", ha commentato Gabriel Zuchtriegel, Direttore del parco archeologico di Pompei, "e così, il confine tra schiavo e libero rischiava continuamente di svanire: respiriamo la stessa aria, mangiamo le stesse cose, a volte gli schiavi mangiano persino meglio dei cosiddetti liberi. Allora si spiega come in quel periodo ad autori come Seneca o San Paolo potesse venire in mente che alla fine siamo tutti schiavi in un senso o nell’altro, ma possiamo anche tutti essere liberi, almeno nell’anima. Si tratta del resto di un tema che non appartiene soltanto al passato, dal momento che la schiavitù, in altre forme e sotto altri nomi, è ancora una realtà a livello globale; alcune stime parlano di oltre 30milioni di persone nel mondo che vivono in condizioni assimilabili a forme moderne della schiavitù", ha concluso Zuchtriegel.

2 CONDIVISIONI
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views