
L’onorevole Michele Ramaglia è tornato tra noi. «Assafa!», è il caso di esclamare mentre il pollice scrolla frettolosamente l'ingorgo di reel in un afoso pomeriggio di agosto. Di certo, per togliersi uno sfizio, ma a me piace pensare che l'abbia fatto anche per liberarsi e vendicarci dall’invasione dei video dei «tiktokkisti napoletani», che si dicono pronti a candidarsi a sindaco di Napoli per dare soddisfazione e voce al Popolo dei Followers. L’onorevole Ramaglia alias Francesco Paolantoni, come sempre ha utilizzato l'arma affilatissima dell'ironia e della parodia, che nasce dall’osservazione attenta dei nostri tic e delle nostre abitudini, per giocare e sgonfiare la bolla delle visualizzazioni nella quale per l’appunto stanno monetizzando quegli influencer che hanno compreso che gli conviene presentarsi come gli unici paladini delle verità, i "liberatori" della povera gente e gli svelatori degli inganni altrui.
Così, dopo un lunghissimo letargo nelle secrete del tubo catodico, la verve sarcastica e l’anima fustigatrice del fu segretario posticcio di una fantomatica Liga Veneta, uno dei primissimi personaggi interpretati a cavallo tra gli anni ’80 e ‘90 dal grande Francesco Paolantoni, è riapparsa grazie all’algoritmo di raccomandazione di TikTok.
Per la verità, di video postati sull’account ce n'è più di uno in cui l’attore mette alla berlina i «tiktokeriani napoletani», esasperandone i caratteri tipici di un linguaggio interrotto, di intercalari sguaiati e con la eco incorporata del tipo, «okkeiii, okkeiii, aicapì, aicapì, frateee, friarie’». Il riferimento, per quanto mai citata direttamente anche perché non ne necessità alcuna – neanche di audience – è alla coppia Rita De Crescenzo e Angelo Napolitano, ma anche a quel micro-cosmo di personaggi e account che vi ruotano attorno, macinando altre migliaia di like.
Così, nel video pubblicato ieri, che ha già superato le 220 mila visualizzazioni, Paolantoni svita a modo suo il coperchietto alla camera d’aria della narrazione social dominante: «Se non era per i tiktokkisti napoletani che dicono ‘a verità ‘o popolo, vuije non putevev’ accorgervi che ve lo stavano mettendo a chillo servizio. ‘Avita ringrazia’ a noi tiktokeriani napulitani che vi stiamo facendo aprire agli occhi. Con questo che voglio dire, comunque se mi fate salire, io ogni matin’ vac’ a casa ‘ra gente busso a citofono e me ne scappo. Così per sfizio, okkeii?».

Ecco, la linea Maginot tracciata da Paolantoni è l’argine vero alla deriva di "TokTok" – come lo definisce lui stesso per continuare l’opera demolitoria a base di massicce dosi di sarcasmo – che si sta prendendo la narrazione della città e dei partenopei: «Che qua a Napoli sta facendo quanto di peggio si possa» immaginare. L'attore napoletano ha avuto il merito di comprendere prima di altri che per ridurre la portata dell’engagement, per abbassare la soglia dell’attenzione digitale verso i reel e le dirette dei social-masanielli non bisogna era ancora una volta opportuno e necessario puntare sull’ironia.
Come un tempo faceva appunto l’onorevole Ramaglia, accompagnato da Giobbe Covatta, nei panni del collega parlamentare Carmine Rotunno, che per togliere forza alla narrazione anti-napoletana e anti-meridionale della Lega bossiana ne esasperavano i caratteri e le rivendicazioni a farli diventare parodie che al più strappavano una risata ai telespettaori, di ieri, e ai follower, di oggi.
