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Camorra e ultras uniti contro il coprifuoco (col plauso della destra): così ci fu la guerriglia di Napoli

Dai personaggi vicini al clan Misso agli ultras della brigata Carolina della Curva A, fino all’ala dura dei commercianti e ad alcuni militanti di destra: sono gli elementi che si saldarono per dar vita ai disordini del 23 ottobre contro il coprifuoco Covid. Dopo le indagini emerge la dinamica alla base degli scontri. Lo schema è lo stesso dei disordini di Pianura del 2009, quando la protesta legittima degli abitanti del quartiere fu piegata a interessi criminali e affaristici.
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Due uomini vicini al clan Misso. Tre ultrà della “Brigata Carolina”, che da Monte di Dio e dal Pallonetto gestisce il tifo organizzato della curva A. Due commercianti del Rettifilo e dei Decumani con collaboratori al seguito. Sullo sfondo, ma in ruolo apparentemente separato, due militanti di Forza Nuova. Una squadriglia mista, la punta avanzata di almeno quattrocento persone che la sera del 23 ottobre misero a ferro e fuoco via Santa Lucia e via Orsini, sostituendosi ai manifestanti pacifici che chiedevano rassicurazioni sulle provvidenze Covid (costringendoli a ripiegare) e appropriandosi della piazza con lanciarazzi, sanpietrini, mazze, cinture: tutto l’armamentario dei rivoltosi.

Sono nove le persone indagate dalla Procura di Napoli per devastazione aggravata da finalità mafiose e di terrorismo, destinatarie dei decreti di perquisizione firmati dai quattro magistrati (Antonello Ardituro, Celeste Carrano, Luciano D’Angelo, Danilo De Simone) del pool istituito dal Procuratore Giovanni Melillo all’indomani dei disordini. Altre due, non indagate, sono destinatarie dello stesso provvedimento.

Nel decreto, eseguito dagli uomini della questura di Napoli e del Nucleo operativo dei carabinieri, sono raccontati per sommi capi genesi e sviluppo della protesta: dalla chiamata a raccolta via Facebook, attraverso il gruppo “Gli insorgenti”, dei commercianti preoccupati per gli effetti della crisi, con appuntamento fissato per le 22 a Largo Sermoneta (andato deserto) e a Largo San Giovanni Maggiore.

È da questo punto, nel cuore della Napoli antica, che muove il corteo: tra le cinque e le seicento persone, arrabbiate e deluse ma civili e pacifiche. Dopo una mezz’ora, mentre sfilavano su Corso Umberto, si inserisce il primo gruppo di infiltrati. Sono capeggiati dai titolari del “Caffè di Napoli”, all’angolo con porta Nolana e del bar “Aurgarden” di Largo San Giovanni, e da alcuni loro collaboratori. Alle 23 la piazza cambia completamente fisionomia. Da varie parti della città arrivano circa quattrocento persone: a piedi ma soprattutto a bordo di scooter. A Santa Lucia sono attesi da gruppi di uomini incappucciati, alcuni a piedi, altri sui soliti scooter. È il via libera alla guerriglia. I manifestanti veri, intanto, sono andati via.

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Tutto il resto è la cronaca documentata quella notte stessa, in presa diretta, da forze dell’ordine e da telecamere e fotografie dei giornalisti. Ma ciò che nel decreto non c’è, e verosimilmente è oggetto dell’indagine avviata poche ore dopo la rivolta, è la ragione di tanta violenza. E, soprattutto, la sua regia. La ricostruzione sin qui fatta dagli investigatori porta ad escludere, infatti, che si sia trattato di eccessi spontanei, alimentati dalla stessa violenza di pochi infiltrati. Che, come si è visto, erano pari come numero agli stessi manifestanti, arrivati da varie parti della città, apparentemente scollegati.

Chi li aveva chiamati? E perché? Lo schema è lo stesso dei disordini di Pianura del 2009, quando la protesta legittima degli abitanti del quartiere fu piegata a interessi criminali e affaristici grazie a quattro giorni di violenze, devastazioni, incendi. E quali interessi, questa volta, hanno armato la mano dei quattrocento infiltrati? E se è così, che ricatto hanno tentato nei confronti di Stato e Regione?

C’è l’ombra del clan Misso, dicevamo (uno degli indagati, Marco Ferrante, graviterebbe nella sua orbita: è l’uomo che a bordo di uno scooter ha capeggiato gli scontri a Santa Lucia). Ci sono gli ultrà della Brigata Carolina. Ci sono i commercianti più violenti. Ma cosa li lega? E di chi è la testa?

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Sullo sfondo anche Forza Nuova. Senza vessilli sulla scena del 23 ottobre, presente alla manifestazione pacifica del 25, al Vomero, alla quale almeno due militanti hanno aderito di persona (destinatari dei decreti di perquisizione ma non indagati). Due giorni prima, su Twitter, il leader dell’organizzazione di estrema destra, Roberto Fiore, aveva dato la sua adesione alla protesta sfociata nelle devastazioni. Pochi minuti prima degli scontri, alle 22,53 del 23 ottobre, aveva scritto: «Mentre Mattarella riunisce il consiglio di guerra e De Luca prepara un vergognoso lockdown, Forza Nuova è pronta a scendere in piazza al fianco del popolo di Napoli senza paura, con il vigore tipico della nostra gente. No dittatura sanitaria».

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