Campi Flegrei, grazie al “rumore” si comprende meglio l’attività del supervulcano: il nuovo studio
Analizzando il "rumore" prodotto dal supervulcano dei Campi Flegrei si riesce a comprendere più a fondo i processi vulcanici che interessano la caldera. Questo il risultato del nuovo studio Fluid migrations and volcanic earthquakes from depolarized ambient noise, pubblicato sulla rivista specializzata Nature: Communications e condotto dall'Osservatorio Vesuviano dell'Ingv (Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia) e dalla Johannes Gutenberg University di Magonza, in Germania. I ricercatori, grazie a una nuova tecnica di imaging, hanno utilizzato il “disturbo” che questi processi causano sul rumore generato dagli oceani e dall’attività atmosferica, continuamente registrato in ambienti vulcanici.
"I fluidi profondi possono indurre terremoti e per comprendere meglio i loro processi di migrazione il team di studio ha messo a punto un nuovo metodo applicato ai Campi Flegrei. Questa tecnica ha permesso di “seguire” i fluidi impiegando diversi intervalli temporali (da poche ore ad anni) di registrazioni del rumore sismico" ha spiegato Simona Petrosino, ricercatrice dell'Ingv. Petrosino spiega meglio il processo: "Mare e vento interagiscono costantemente con la caldera, producendo onde che scandagliano le sue profondità. Le strutture della caldera sono sottoposte a forti pressioni laterali causate dall’estensione della crosta, dalla pressione del magma in profondità e dalla complessa interazione tra i fluidi prodotti dal magma, dalle piogge e dalle fratture superficiali del vulcano".
Sulla questione del "rumore" si è spiegato anche Luca De Siena, professore della Johannes Gutenberg University: "Abbiamo creato un modello del rumore registrato e mappato nel tempo. Grazie all’aiuto di TeMaS, il consorzio finanziato dal Ministero di Scienza e Salute della regione Reno-Palatinato per trovare aree ad alto potenziale di ricerca, è stato messo a punto un modello computerizzato del vulcano all’interno del quale abbiamo fatto propagare ‘onde di rumore sintetico' generate nel mezzo del mare Tirreno. Questo modello propagativo, combinato con l'enorme mole di conoscenza accumulata dalla comunità internazionale, ci ha permesso di interpretare quantitativamente la perdita di direzionalità spaziale nel tempo".