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“Alcuni napoletani stanchi di essere identificati con Gomorra e la malavita”: il reportage del New York Times in città

Con la prossima uscita di “Gomorra – Le Origini”, spin off della fortunata serie tv tratta dall’omonimo romanzo di Roberto Saviano, il New York Times ha realizzato un servizio tra i napoletani, stanchi di essere identificati con la malavita.
A cura di Valerio Papadia
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Uno degli striscioni apparsi a Napoli durante le riprese di "Gomorra - Le origini"
Uno degli striscioni apparsi a Napoli durante le riprese di "Gomorra – Le origini"

La pizza, il sole, il presepe, la musica. E la malavita. Questi, per fortuna o purtroppo, sono gli stereotipi che girano intorno a Napoli, città per decenni identificata con il buon cibo e la cultura, ma anche, inevitabilmente, con la camorra e la criminalità organizzata. Da qualche tempo, però, complice anche il forte boom turistico che Napoli ha conosciuto – e che aumenta sempre di più – la narrazione pare stia cambiando. Non soltanto nella percezione esterna, ma anche in quella dei napoletani, dei quali ha voluto tastare il polso il New York Times, che ha realizzato un reportage per capire cosa pensino i partenopei degli stereotipi negativi collegati alla città, soprattutto inerenti alla malavita.

Lo spunto del lungo articolo del noto quotidiano newyorkese, a firma di Patricia Mazzei, arriva dalla prossima uscita di "Gomorra – Le origini", serie spin off e prequel della seria Gomorra, fortunato prodotto televisivo, in onda per cinque stagioni, tratto dall'omonimo romanzo di Roberto Saviano. Qualche mese fa, in occasione delle riprese della serie – il cui regista, Marco D'Amore, è stato il protagonista del prodotto originale, interprete di Ciro Di Marzio – prima ai Quartieri Spagnoli e poi a San Gregorio Armeno sono comparsi degli striscioni contro la serie. D'Amore ha poi ringraziato coloro che hanno difeso il prodotto, ma alcuni napoletani, come ha potuto constatare il NYT, pensano non ci fosse bisogno dell'ennesima opera riguardante la malavita a Napoli. "Hanno girato il primo, hanno girato il secondo. Basta" ha detto al New York Times Genny Di Virgilio, proprietario di una delle storiche botteghe dei presepi a San Gregorio Armeno.

Un problema, quello dell'identificazione con Gomorra, vissuto anche a Scampia, dove gran parte della serie è ambientata ed è stata girata e dove, 20 anni fa, la cosiddetta "prima faida" di camorra tra il clan Di Lauro e gli Scissionisti ha lasciato per terra decine di morti ammazzati. Daniele Sanzone, che organizza tour alla scoperta del quartiere, ha dichiarato al NYT che si arrabbia quando qualcuno gli chiede di visitare i luoghi della serie tv. "Non lo faccio. Cerco di restituire complessità a una realtà fittizia che è stata eccessivamente semplificata dai media" ha dichiarato.

"Una società evoluta deve essere in grado di gestire le sue contraddizioni e deve anche essere in grado di parlarne, nella speranza che queste contraddizioni vengano superate e che questi problemi vengano risolti" ha dichiarato invece Maurizio Gemma, direttore della Film Commission della Regione Campania, dichiarando di capire le ragioni che spingono alcuni napoletani a giudicare negativamente i prodotti sulla malavita.

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