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Agguato ad Arzano, il proprietario del Roxy Bar: “Io e la mia famiglia non c’entriamo niente”

Armando, il gestore del bar di Arzano dove c’è stata una sparatoria il 24 novembre, spiega a Fanpage.it cosa è avvenuto la sera in cui 5 persone sono state ferite. Due di loro innocenti.
A cura di Gaia Martignetti
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La saracinesca è aperta, il bar però non è più lo stesso. Perché quelle scene Armando e sua moglie non le dimenticheranno mai. Arzano, comune alle porte di Napoli. A via Silone c'è un'insegna con un nome che richiama immediatamente a uno dei versi di una celebre canzone di Vasco Rossi: Roxy Bar. Dietro al bancone c'è Armando, che ha rilevato questo posto 7 anni fa e qui passa tutte le sue giornate. Con lui quando entriamo ci sono i suoi amici, che l'hanno convinto a riaprire, a lavare via il sangue. E con il tempo anche il ricordo.È provato, «chi non lo sarebbe», spiega a Fanpage.it.

Per 17 anni ha lavorato come camionista, poi le sue condizioni fisiche non gliel'hanno più permesso. Mostra le foto di quella che era diventata la sua attività dopo la sparatoria, in cui è rimasto coinvolto suo malgrado racconta. La sera del 24 novembre due uomini hanno iniziato a sparare. Chi fosse il reale obiettivo di quel vero e proprio agguato è ora al vaglio degli inquirenti. Ma Armando si dice sicuro: lui e la sua famiglia, con questa storia, non c'entrano niente. Quando tutto è iniziato si trovava dietro il bancone, con sua moglie. Preparava un caffè per i suoi amici quando ha sentito una "botta". Dopo poco si è ritrovato a terra, con sua moglie che ha immediatamente cercato di salvare. «Volevo proteggerla, ma mentre l'ho gettata a terra sono finito io sotto. Avrei voluto fare cambio, perché se fossero arrivati colpi dietro il bancone dovevano prendere me, non lei». Le pallottole invece hanno colpito cinque persone. Due innocenti. Il primo è suo zio Mario Abate, il secondo Roberto Lastra. Entrambi idraulici, racconta, che stavano prendendo un caffè a fine giornata nel suo bar.

«Non posso dimenticare quei momenti. Non siamo abituati a queste scene, non le abbiamo mai vissute. Io oggi sai perché ho riaperto? Perché i miei amici mi hanno convinto. Sono venuti a prendermi a casa e mi hanno aiutato a pulire tutto. Se non riaprivo oggi non riaprivo più». Quegli amici sono ancora lì con lui mentre ricorda tutto e sottolinea, amareggiato, che ora chissà quando potrà tornare alla normalità. La sua paura è che nessuno voglia più entrare nel suo bar, rilevato e mandato avanti con non pochi sacrifici, spiega. Le due persone innocenti rimaste ferite nel corso dell'agguato non sono in pericolo di vita, stanno bene, prosegue, ma sarà difficile tornare alla quotidianità. La paura è tanta ma Armando è convinto: non vuole andare via, qui c'è tutta la sua vita. Il bar è aperto anche perché, racconta, ha sempre lavorato e non conosce altro modo di portare avanti la sua famiglia. Ecco perché descrive quello che è successo, lo ricorda, ne sente ancora il peso. Ma vuole pensare al futuro. Quando lasciamo il Roxy Bar alle nostre spalle, a pochi metri troviamo due gazzelle dei carabinieri a presidiare un territorio difficile. Dove entrare in un bar può significare assistere a una scena da Far West. Ma anche, il giorno dopo, ricominciare.

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