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Mogherini: “L’Europa ha bisogno di immigrazione regolare altrimenti l’economia collasserà”

L’Alto rappresentante Ue per la politica Estera, Federica Mogherini, in un’intervista rilasciata a La Stampa spiega il piano europeo per l’immigrazione: ” “L’Europa ha chiesto ai partner africani di fare la loro parte, accogliendo i connazionali attualmente bloccati in Libia però credo che i Paesi europei, tutti, non possano più tirarsi indietro. Perché l’Europa ha bisogno dell’immigrazione regolare”.
A cura di Charlotte Matteini
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L'Europa chiede ai capi di Stato africani di fare la loro parte in relazione alla questione migratoria che vede ogni anno centinaia di migliaia di migranti approdare sulle coste italiane ed europee in cerca di un futuro migliore. "Dall’inizio dell’anno abbiamo finanziato e sostenuto tredicimila rimpatri volontari", spiega l'Alto rappresentante Ue per la politica estera, Federica Mogherini, a La Stampa. "L’Europa ha chiesto ai partner africani di fare la loro parte, accogliendo i connazionali attualmente bloccati in Libia però credo che i Paesi europei, tutti, non possano più tirarsi indietro. Perché l’Europa ha bisogno dell’immigrazione regolare", prosegue Mogherini.

"Sappiamo benissimo che l’apertura di canali legali è una battaglia politica in Europa, in ogni Paese. Ma due anni fa, durante il summit in Valletta, ci siamo presi un impegno: abbiamo promesso di aprire questi canali. E ora dobbiamo farlo, gli africani lo attendono. Personalmente credo che l’Europa abbia bisogno di immigrazione regolare. Per vari motivi: perché ci siamo presi un impegno, perché è un modo per combattere quella illegale, ma anche perché ci serve dal punto di vista economico e demografico".

Il problema, dal punto di vista elettorale, è che a ridosso del voto questo argomento è molto impopolare e dunque i partiti evitano di menzionarlo e di proporlo ai propri elettori. "So che non è un argomento molto popolare, ma se domani mattina tutti i migranti dovessero sparire dall’Europa, interi settori della nostra economia collasserebbero. Da un giorno all’altro. Non è soltanto una questione di apertura e di giustizia, ma è un modo per rispondere a un’esigenza". In sostanza, spiega Mogherini, l'Europa ha bisogno di migranti regolari per sostenere la propria economia, dunque non è possibile chiudere gli occhi davanti al problema e proporre la chiusura delle frontiere.

Nell’immediato c’è l’esigenza di salvare le persone che si trovano nei centri in Libia: l’opinione pubblica africana è scioccata dalle immagini diffuse dalla Cnn

«È stato uno choc per tutti, ma non si tratta di una cosa iniziata un mese fa. Tutti ne erano al corrente da anni. Chiunque ha visitato tutti i posti lungo la rotta, dai Paesi d’origine fino alle coste italiane, sa benissimo che queste persone non possono muoversi liberamente. È per questo che tre anni fa abbiamo iniziato a lavorare con Iom e Unhcr per salvare queste persone».

In che modo?

«L’Europa e l’Onu hanno fatto la loro parte, ora serve che anche i governi africani facciano la loro. Nel 2017 abbiamo sostenuto il rimpatrio volontario di 13 mila persone dalla Libia. Tredicimila persone che abbiamo salvato. Molte altre sono state assistite, anche se non sono ancora tornate a casa. Ho chiesto all’Iom di accelerare con questo piano. Servono più aerei, più soldi, ma soprattutto serve che i governi africani accelerino le procedure, i documenti e tutto ciò che è necessario. Devono innanzitutto riconoscere che questi sono loro connazionali, anche perché spesso i migranti viaggiano senza documenti. Con gli africani al nostro fianco possiamo salvare decine di migliaia di persone».

Da più parti il patto con la Libia siglato dall'Europa viene definito inumano, ma Mogherini sul punto è molto netta e respinge le accuse al mittente: "È una critica infondata. Abbiamo formato 142 agenti della Guardia Costiera libica: davvero credete che questi possano cambiare la situazione dall’oggi al domani? Proviamo a ripercorre ciò che è stato fatto. Fino a pochi mesi fa noi salvavamo vite in acque internazionali, ma la gente moriva in quelle libiche. E noi non possiamo entrarci. Per questo abbiamo avviato la formazione dei libici, per metterli in condizione di salvare le vite in mare. Ogni passo che fai, trovi un problema. Salviamo vite in acque internazionali? Bene, però la gente muore in quelle libiche. Formiamo i libici per i salvataggi e vediamo che chi rischiava di morire in mare finisce rinchiuso nei centri in Libia. E chissà quale potrebbe essere il prossimo passo, se le organizzazioni internazionali potessero entrare in tutti i centri? Magari scopriremmo che ci sono condizioni simili altrove, lungo la rotta. Perché se i criminali hanno un network, probabilmente usano gli stessi metodi. Vorrei evitare che la discussione diventasse un modo per dire che “il problema è la Libia” oppure che “il problema sono i libici”. La catena di schiavitù non inizia in Libia. Purtroppo i trafficanti sono attivi dai Paesi di origine fino a quelli di destinazione, le ramificazioni sono anche lì".

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