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Varianti Covid, l’epidemiologo La Vecchia: “Zona rossa a Brescia è inevitabile, ma no lockdown”

In Lombardia nell’ultima settimana i contagi sono aumentati del 20 per cento. La situazione più preoccupante è quella della bassa bresciana, per la forte incidenza di varianti Covid. “Eventuali chiusure ulteriori sono inevitabili in alcune aree”, spiega a Fanpage.it l’epidemiologo Carlo La Vecchia, “non parlo di un lockdown, ma di limitazioni da zona rossa”
A cura di Simone Gorla
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In Lombardia i positivi al Covid nell'ultima settimana sono aumentati del 20 per cento. Che sia per effetto delle riaperture o per la maggiore diffusione delle varianti Covid, non è facile dirlo. Ma gli esperti concordano sul fatto che nuove misure di contenimento potrebbero risultare necessarie, soprattutto nelle zone più sotto pressione.

Lo spiega a Fanpage.it l'epidemiologo Carlo La Vecchia: "Eventuali chiusure ulteriori sono inevitabili in alcune aree. Penso alla bassa provincia di Brescia. Non parlo di un lockdown, ma di limitazioni da zona rossa come quelle viste in Umbria e a Bolzano".

Il docente della Statale di Milano è scettico sulla proposta di un nuovo lockdown totale, avanzata anche dal consulente del ministero della Salute Walter Ricciardi: "È una misura di estrema emergenza, che era giustificata a marzo-aprile dalla situazione fuori controllo. Ora i ricoverati sono molti di meno rispetto alla scorsa primavera, i morti da 10 a 20 volte di meno. Esiste una pressione sugli ospedale, ma è più moderata e limitata ad alcune zone con focolai".

La situazione dell'epidemia in Lombardia, però, richiede attenzione: "Il dato che abbiamo è un aumento del 20 per cento dei contagi nell'ultima settimana, concentrato soprattutto a Brescia. Siamo tornati ai livelli di gennaio. Non è un incremento esponenziale, ma una risalita c'è sicuramente", spiega La Vecchia.

A complicare il quadro c'è il problema delle varianti, la cui reale incidenza non è ancora chiara perché sono ancora pochi i sequenziamenti. "Va capito quanto l'aumento dei casi sia dovuto alle riaperture scattate all'inizio di febbraio e quanto alle varianti. Non abbiamo dati precisi: una settimana fa le varianti incidevano per il 18 per cento a nazionale. È possibile che in Lombardia la percentuale sia maggiore, si parla del 30 per cento. Che tendano a diffondersi di più è normale e ce lo aspettiamo".

La situazione più preoccupante resta quella della bassa bresciana dove "è possibile che vengano prese misure. Non mi sorprenderebbe già dalla prossima settimana", sottolinea l'epidemiologo. Il resto della Lombardia sembra attraversare una fase di stabilità. In leggero aumento i casi a Bergamo, che però partiva da livelli molto bassi nella seconda ondata. Anche a Milano il dato è relativamente basso. A Varese c'è un miglioramento rispetto alla drammatica diffusione del virus dei mesi passati.

Il cambio di colore da zona gialla a zona arancione, alla luce di questi elementi, non è quindi da escludere. Come sempre, tutto dipenderà dalle valutazioni della cabina di regia nazionale. "I criteri dell'Iss sono difficili da interpretare, questo Rt ha già causato problemi ed è difficile capire, ma sicuramente c'è un aumento contagi mentre negli ospedali la situazione è stabile o in lieve miglioramento. Decessi sono meno alti di prima, 50 al giorno anche se pur sempre intollerabile, ma non le migliaia al giorno di marzo dell'anno scorso.

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