“Un piano per evitare l’ergastolo ad Alessia Pifferi”: le indagini sull’avvocata Pontenani e le psicologhe

Un vero e proprio "piano precostituito" per aiutare Alessia Pifferi, condannata in primo grado all'ergastolo per aver lasciato morire di stenti la figlia di 18 mesi nel luglio del 2022, a evitare il massimo della pena fingendo di essere "affetta da un ritardo mentale grave".
È quanto sostiene il pm di Milano Francesco De Tommasi, che ha dato origine al filone d'indagine parallelo contro l'avvocata di Pifferi, Alessia Pontenani, quattro psicologhe di San Vittore e il consulente psichiatrico della difesa Marco Garbarini, accusati di aver manipolato gli accertamenti psichiatrici sull'imputata e di averla convinta, di fatto, a interpretare una parte per falsare il processo a suo carico: solo in questo modo, per chi indaga, avrebbe infatti potuto ottenere la diagnosi di persona anche solo parzialmente incapace di intendere e di volere, e di conseguenza evitare la sentenza di ergastolo.
Le accuse contro l'avvocata e i consulenti della difesa
Rischiano ora il processo quindi un totale di sette persone tra la legale dell'imputata, l'avvocata Alessia Pontenani, le psicologhe e Marco Garbarini, psichiatra e consulente della difesa, che secondo l'accusa, con i loro accertamenti avrebbero tentato di indirizzare l'esito della perizia psichiatrica in primo grado verso un vizio (almeno) parziale di mente. Tentativi evidentemente vani, visto che l'esame condotto dal dottor Elvezio Pirfo aveva in realtà evidenziato una piena capacità di intendere e di volere, caratterizzata da una sorta di "analfabetismo emotivo".
Le ipotesi di reato sono, a vario titolo, quelle di favoreggiamento, false dichiarazioni all'autorità giudiziaria, falsa testimonianza, falso in atto pubblico e falso commesso da incaricati di pubblico servizio. Le indagini della Procura, in particolare, avrebbero scoperto un una relazione del 3 maggio 2023 nella quale sarebbe stato attestato "falsamente" che Pifferi avesse un "quoziente intellettivo" di 40 e quindi un "deficit grave" con "scarsa comprensione delle relazioni di causa ed effetto e delle conseguenze delle proprie azioni". Inoltre, sarebbero stati annotati anche falsi "colloqui" nel "diario clinico" della 39enne in carcere.
Sotto la lente c'erano, in particolare, anche i punteggi del "test di Wais" che sarebbero stati "inseriti prima", e una relazione che sarebbe stata firmata da una persona non presente alle valutazioni. Per gli inquirenti, ci potrebbero essere state variazioni nei documenti.
La testimonianza della compagna di cella
Non solo. Nel materiale a sostegno dell'accusa di Pifferi, il pm De Tommasi ha inserito anche una dichiarazione di Tiziana Morandi, la cosiddetta Mantide della Brianza, nonché compagna di carcere della donna. La donna avrebbe raccontato agli inquirenti che proprio Pifferi avrebbe detto "devo fare la mongoloide perché ci sono cimici dappertutto" e manifestato l'intenzione di fare la "fuori di testa".