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Truffa sul reddito di cittadinanza: una degli arrestati faceva festa su TikTok contando le banconote

In alcuni video diffusi su TikTok una delle persone arrestate per la maxi truffa sul reddito di cittadinanza mostrava centinaia di mazzette con banconote da 50 e 100 euro.
A cura di Simona Buscaglia
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Video in cui si mostrano mazzette con centinaia di banconote da 50 e 100 euro, pubblicati poi su TikTok. I filmati in questione fanno riferimento alle indagini sulla maxi truffa sul reddito di cittadinanza, sventata dalla Guardia di Finanza, che avrebbe potuto sottrarre alle casse dello Stato quasi 60 milioni di euro. I video infatti sono riconducibili a una delle persone arrestate per l'associazione a delinquere, che faceva percepire la misura di sostegno a cittadini che non ne avevano diritto. La donna, Isabela Stelica, è stata anche arrestata per estorsione. Sarebbe una delle persone infatti che, secondo le ricostruzioni dei militari e le accuse a suo carico, minacciava i titolari dei Centri di assistenza fiscali che non volevano piegarsi alla truffa orchestrata. Insieme a lei, altre 15 persone sono state arrestate, tra cui anche alcuni titolari dei centri di assistenza fiscale, alcuni nel Milanese, che invece erano compiacenti: oltre alla percentuale che normalmente ricevevano dal Ministero per ogni pratica evasa, per "chiudere un occhio" percepivano anche una percentuale dai truffatori.

La maxi truffa con oltre 9 mila richieste indebite di reddito di cittadinanza

Le indagini dei militari hanno infatti permesso di individuare, su 14mila richieste analizzate, oltre 9mila domande che ricevevano il reddito di cittadinanza senza averne diritto. Tra questi 9mila figurano alcuni che ricevevano effettivamente senza averne diritto i soldi della misura di sostegno, ma sono in corso delle ulteriori indagini per capire se alcuni codici fiscali facessero riferimento invece a persone ignare che i loro dati venissero usati per la truffa, oltre al fatto che probabilmente altri sono invece riconducibili a persone "fantasma". Il meccanismo era infatti rodato. I promotori, cittadini di origine romena, procuravano i documenti e i nominativi di propri connazionali con l'aiuto anche di complici all’estero. I documenti venivano poi consegnati, attraverso diverse persone di fiducia, anche a dei titolari compiacenti di alcuni Caf, che compilavano la falsa documentazione per richiedere indebitamente la misura di sostegno. Gli altri membri della banda erano infine incaricati di ritirare le card negli uffici postali.

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