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Strage di Samarate, Alessandro Maja in appello: “Mi aspetto la pena più alta, confido nel perdono di Gesù”

Alessandro Maja, condannato in primo grado all’ergastolo per aver ucciso a martellate la figlia Giulia di 16 anni e la moglie Stefania Pivetta di 56 anni, si è presentato oggi in Tribunale per la prima udienza davanti alla Corte d’Assise d’Appello.
A cura di Giorgia Venturini
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A Milano ha preso il via il processo d'Appello per Alessandro Maja condannato in primo grado all'ergastolo per aver ucciso a martellate la figlia Giulia di 16 anni e la moglie Stefania Pivetta, 56enne. La tragedia era avvenuta la notte tra il 3 e il 4 maggio 2022 nella loro casa di Samarate, in provincia di Varese: l'unico a sopravvivere è stato il figlio Nicolò Maja, anche lui preso a martellate dal padre, ma che dopo il trasferimento disperato in ospedale e mesi e mesi di ricovero è riuscito a non essere più in pericolo di vita.

Nei giorni scorsi Nicolò è stato costretto ancora a sottoporsi a un intervento chirurgico: per questo motivo non si è presentato in aula oggi mercoledì 14 febbraio per assistere alla prima udienza del padre davanti ai giudici della Corte d'Assise dall'Appello. In Tribunale a rappresentare la famiglia c'è il nonno di Nicolò, Giulio Pivetta, nonché il padre di Stefania Pivetta.

In primo grado Alessandro Maja, difeso dall'avvocato Giulio Colombo, era stato condannato lo scorso luglio all'ergastolo e a un anno e mezzo di isolamento diurno. Il giovane, che ha riportato gravi traumi e un'invalidità all'80 per cento, aveva definito la sentenza di primo grado "giusta, il minimo" per quanto commesso da suo padre, e aveva detto di non essere disposto a "perdonare mai", nonostante creda in un suo pentimento, che però "non sarà mai abbastanza".

Davanti ai giudici oggi Alessandro Maja ha voluto rilasciare una dichiarazione: "Ho cancellato la mia famiglia a causa di un mio soffrire emotivo, restando solo. Mi aspetto la pena più alta sperando nella clemenza, confido nel perdono di Gesù determinato dal mio pentimento".

Di questo delitto resta ancora l'incognita del movente: l'accusa non è riuscita a capire cosa abbia spinto l'uomo a commettere un simile gesto. Anche lo stesso imputato non ha mai spiegato veramente il motivo degli omicidi: all'inizio si è ipotizzato forse una crisi coniugale o motivi economici, ma le indagini non hanno accertato queste due tesi perché non ci sono fatti rilevanti a supporto.

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