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Squadra multata per lo striscione su Cutro: “Perché possiamo contestare la guerra e non i naufragi?”

“L’anno scorso abbiamo esposto in campo uno striscione con scritto “No War” per la guerra all’Ucraina. Nessuna multa o provvedimento. Qual è la differenza?”, si chiedono ai microfoni di Fanpage.it i giocatori dell’l’Athletic Brighela.
A cura di Francesco Maviglia
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L’Athletic Brighela, una squadra di calcio della provincia di Bergamo, dovrà pagare una multa di 550 euro, oltre a subire una squalifica, per aver esposto durante la partita di domenica 5 marzo uno striscione in solidarietà ai morti del naufragio di Cutro. "Non abbiamo fatto nulla di speciale, chi fa qualcosa di straordinario sono le persone che salvano vite in mare", precisa intervistato da Fanpage.it Eros Tasc il dirigente sportivo.

"Sapevamo – continua – della possibile sanzione non avendo mandato apposita comunicazione alla FIGC. Noi abbiamo ritenuto sbagliata questa regola, che ci impediva di comunicare alle persone un gesto di solidarietà. Abbiamo ricevuto molte donazioni dopo che la notizia della sanzione si è diffusa, abbiamo decidere di devolvere tutto ad una Ong".

L’Athletic Brighela rilancia il messaggio dagli spalti

“Cinquecentocinquanta euro per solidarietà contro questo calcio malato". Lo striscione scelto per rispondere alla decisione del giudice sportivo, e di nuovo: “Cimitero mediterraneo, basta morti in mare”.

“Ci sembra un messaggio civile, umano, condivisibile. Non ci aspettavamo questo tipo di reazione”, il commento di un tifoso dell’Athletic Brighela. “L’anno scorso abbiamo esposto in campo uno striscione con scritto “No War” per la guerra all’Ucraina. Nessuna multa o provvedimento. Qual è la differenza?", si chiedono.

La società tra inclusione e sport

Il Brighela è nato tre anni fa da un’assemblea collettiva di lavoratori, dopo che l’allora Bergamo Antifa United (fondato dieci anni prima) decise di non iscriversi al campionato Csi Bergamo. Si è così affermato un modello sostenibile, solidale e inclusivo di gestione e coinvolgimento degli atleti molti dei quali sono richiedenti asilo politico.

“Noi guardiamo a questo sport come un’attività inclusiva, generatrice di un modello equo e solidale”, spiegano a Fanpage.it.

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