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Caso camici in Regione Lombardia

Soldi in Svizzera, la procura chiede l’archiviazione per il presidente Attilio Fontana

La Procura di Milano ha chiesto l’archiviazione per il presidente della Lombardia Attilio Fontana in merito alle accuse per autoriciclaggio e falso nella “voluntary disclosure”, nate dall’inchiesta sul “caso camici” per la quale invece Fontana rischia il processo.
A cura di Francesco Loiacono
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Si potrebbe alleggerire la situazione giudiziaria di Attilio Fontana, presidente della Regione Lombardia che il prossimo 18 marzo affronterà l'udienza preliminare per il cosiddetto "caso camici", per il quale è accusato di frode in pubbliche forniture. Nell'ambito della stessa vicenda il governatore leghista era stato indagato anche per autoriciclaggio e falso nella "voluntary disclosure", la procedura che consente di dichiarare al Fisco capitali detenuti all'estero. Ma la stessa Procura che lo ha indagato ha chiesto anche l'archiviazione di Fontana.

Il motivo non è però da rintracciare nella presunzione dell'innocenza di Fontana, ma nell'impossibilità materiale di proseguire nell'inchiesta: per farlo, infatti, i magistrati milanesi Paolo Filippini e Carlo Scalas, coordinati nella loro inchiesta dal procuratore aggiunto Maurizio Romanelli, avevano chiesto una rogatoria alla Svizzera, Paese nel quale Fontana custodiva un "tesoretto" di 5,3 milioni di euro regolarizzato nel 2015 che secondo il presidente sarebbe il frutto di un lascito da parte della madre defunta, mentre secondo i pubblici ministeri sarebbe in parte frutto di una presunta evasione fiscale.

Il caso camici per il quale Fontana rischia il processo

Le autorità elvetiche hanno però rigettato la richiesta dei magistrati milanesi, rendendo di fatto impossibile proseguire nell'inchiesta: spetterà adesso al giudice per le indagini preliminari disporre o meno l'archiviazione. Il tesoretto di Fontana era stato scoperto dopo che il governatore aveva provato a bonificare 250mila euro al cognato Andrea Dini, titolare della ditta Dama spa, per rimborsarlo in parte della mancata fornitura di camici e altro materiale medico alla Regione Lombardia.

È proprio questa fornitura – un contratto oneroso da 513mila euro per 75mila camici stipulato tra la Dama Spa e la centrale acquisti lombarda, Aria spa, poi in parte trasformato in donazione – al centro del cosiddetto "caso camici". Secondo la Procura milanese la fornitura venne in parte trasformata in donazione quando, anche dopo l'interessamento della trasmissione televisiva Report nella vicenda, i diretti interessati compresero che il governatore rischiava problemi per via di un evidente conflitto di interessi: nella Dama spa, oltre al cognato, risulta avere delle quote anche la moglie di Fontana, non indagata. Da qui, secondo i magistrati, il tentativo di  "simulare l'esistenza sin all'inizio di una donazione al posto del reale contratto di fornitura onerosa" per tutelare l'immagine del governatore. Dini avrebbe poi provato a piazzare parte dei camici per rientrare dalle spese: e Fontana avrebbe cercato, tramite il contestato bonifico, di aiutare ulteriormente il cognato "scottato" dall'affaire della fornitura-donazione. Per il caso camici, oltre al presidente Fontana, sono indagati il cognato, l'ex direttore generale di Aria spa Filippo Bongiovanni, la direttrice acquisti della stessa società Carmen Schweigl e il vicario del segretario generale Pier Attilio Superti.

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