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Il caso di Giovanna Pedretti

Si può parlare di istigazione al suicidio per la morte della ristoratrice Giovanna Pedretti?

La Procura di Lodi ha aperto un’indagine per istigazione al suicidio in merito alla morte di Giovanna Pedretti, la ristoratrice trovata morta nel Lambro il 14 gennaio. Oliviero Mazza, avvocato e professore di Diritto processuale penale, ha spiegato a Fanpage.it perché quella degli inquirenti non è solo una formalità.
Intervista a Prof. Oliviero Mazza
Avvocato e professore ordinario di Diritto processuale penale all'Università degli Studi di Milano-Bicocca.
A cura di Enrico Spaccini
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Giovanna Pedretti
Giovanna Pedretti
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La Procura di Lodi ha aperto un'indagine per istigazione al suicidio in merito alla morte di Giovanna Pedretti, la titolare della pizzeria Le Vignole di Sant'Angelo Lodigiano trovata senza vita nel pomeriggio di domenica 14 gennaio nel fiume Lambro. L'inchiesta, coordinata dal procuratore Maurizio Romanelli, ha l'obiettivo di comprendere lo stato emotivo della 59enne travolta dalle accuse di aver falsificato una recensione per la quale aveva ottenuto complimenti e attenzioni e chiarire se quei commenti abbiano contribuito o meno all'intento suicidario di Pedretti. Intervistato da Fanpage.it Oliviero Mazza, avvocato e professore ordinario di Diritto processuale penale all'Università degli Studi di Milano-Bicocca, ha spiegato perché l'indagine per istigazione al suicidio non è solo una formalità.

Come si può dimostrare un'istigazione al suicidio?

L'istigazione al suicidio può essere di natura morale o materiale. In questo caso sembra esclusa la natura materiale dell'istigazione al suicidio, perché, stando a quanto emerso finora, non sembra che ci sia stato qualcuno che materialmente ha aiutato la povera signora a togliersi la vita. Va quindi considerata l’ipotesi di un concorso morale per il quale assume rilevanza decisiva il nesso causale. Occorre cioè stabilire se, eliminando mentalmente il contributo di istigazione, il suicidio si sarebbe verificato in quei tempi e con quelle modalità.

Quindi gli investigatori devono capire se in mancanza di un evento in particolare la signora si sarebbe lo stesso tolta la vita.

Esattamente. In termine tecnico si chiama incidenza causale della condotta di istigazione sul suicidio, quindi se ha concorso, quantomeno nel rafforzamento, del proposito suicidiario. Se quello di togliersi la vita fosse stato un disegno coltivato indipendentemente dalla condotta di istigazione, non ci sarebbe il reato.

Oliviero Mazza
Oliviero Mazza

Se le indagini affermassero che la signora aveva altri problemi di carattere personale che l'hanno portata a togliersi la vita, si parlerebbe ancora di istigazione?

In quel caso no. Tuttavia, bisogna tenere conto che è rilevante penalmente anche la condotta di rafforzamento. Questo si verifica quando la donna aveva già un proposito suicidario che, però, è stato rafforzato dal contributo morale di altre persone.

Per quanto riguarda comportamenti tenuti sui social, si può parlare di un imputato specifico?

Più persone possono concorrere nel reato. Il problema è che la condotta di partecipazione morale, che configura l'istigazione al suicidio, non è predeterminata e si può manifestare i vari modi descritti con i concetti ampi di determinazione, rafforzamento, istigazione. Quindi qualunque tipo di condotta che abbia però quella efficacia causale rispetto alla verificazione dell'evento.

Per esempio, il consiglio, il suggerimento, l'esortazione, l'atto di persuasione, il comando di suicidarsi, se si stabilisce che ha avuto un'efficienza causale anche solo nel rafforzamento del proposito suicidario, assume rilevanza penale. Che questa condotta l'abbiano tenuta cento persone, vuole dire che sono cento potenziali responsabili.

Deve trattarsi di un commento o un post che inviti direttamente al suicidio?

Come detto, la condotta non è predeterminata dal codice. Deve essere una condotta di partecipazione morale, cioè che ha inciso dal punto di vista psichico sulla determinazione al suicidio. La norma incriminatrice è molto pericolosa per tutte le persone che fanno gli odiatori sui social, perché a certe condizioni rischiano concretamente di essere incriminati per l'istigazione suicidio.

Non solo, se la condotta di queste persone si fosse estrinsecata in una minaccia o in una violenza, potrebbe non trattarsi più di semplice istigazione al suicidio, ma di concorso in omicidio volontario, ossia gli autori sarebbero considerarti direttamente responsabili della morte.

Quanto è grave il reato di istigazione al suicidio?

Si tratta del delitto 580 del codice penale ed è punito, se il suicidio avviene, con la pena da 5 a 12 anni di reclusione e, se la persona istigata è minore degli anni 14 oppure incapace, si applicano le pene relative all'omicidio. Quindi, al di là del caso specifico, bisognerebbe, quando si scrivono post sui social, tenere sempre conto delle conseguenze estremamente gravi che ne possono derivare.

In questo caso, l'istigazione al suicidio è un'ipotesi concreta?

Non conosco i messaggi che sono stati indirizzati a questa signora, quindi in questo momento è un discorso astratto. In generale, la gogna social-mediatica può essere una condotta di natura morale causalmente rilevante per l’evento suicidiario, con la conseguente punizione degli autori.

Le informazioni fornite su www.fanpage.it sono progettate per integrare, non sostituire, la relazione tra un paziente e il proprio medico.
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