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Ultime notizie sull'omicidio di Laura Ziliani

Perché le figlie di Laura Ziliani e Mirto Milani hanno cercato di inscenare il delitto perfetto

L’omicidio di Laura Ziliani è qualificabile come il delitto delle tre S: sesso, soldi e sangue.
A cura di Anna Vagli
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È iniziato a Temù il processo a carico del trio diabolico. Due giorni fa alla sbarra c’erano proprio tutti: le sorelle Zani e Mirto Milani, fidanzato di Silvia e amante di Paola.

Un delitto, quello commesso dai tre, che si può definire delle tre S: sesso, soldi e sangue. Perché è in queste tre parole che risiede il movente dell’omicidio. Alla base, il mito del benessere economico senza troppi sacrifici e la rabbia nutrita da Silvia e Paola nei confronti di Laura.

Nonché la riverenza mostrata dalle due nei confronti di un maschio alfa, Mirto Milani. Che poi è stato anche il deus ex machina di questo triangolo letale.

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Quello che è emerso dal racconto degli imputati è raccapricciante: due anni di tentativi, ispirazione da alcune serie tv, volontà di commettere il delitto perfetto e l’improbabile movente secondo il quale Laura voleva a sua volta ucciderli.

La verità è che ci vuole talento (ovviamente criminale) per commettere un omicidio. È indispensabile progettarlo in ogni minimo dettaglio. A maggior ragione se la decisione di uccidere è ponderata per anni, come per stessa ammissione dei tre, e diventa pregnante al punto di diventare l’unica scellerata soluzione ai problemi.

Ma che cosa ha spinto davvero Silvia, Paola e Mirto ad uccidere Laura Ziliani?

Perché il trio diabolico è diventato sanguinario?

Nell’omicidio Ziliani l’elemento gruppale è stato determinante. Nello specifico, si è consumato un delitto di gruppo dove la dinamica psicologica che lo ha contraddistinto è stata paranoicizzata dai tre: Laura era il nemico da eliminare perché altrimenti sarebbe stata lei a ucciderli.

Una sorta di autoconvincimento messo a punto da Silvia, Paola e Mirto per spirito conservativo. Nel dettaglio, un simile atteggiamento gli avrebbe consentito – nella loro visione distorta –  di instaurare un distacco emotivo rispetto all’uccisione di una madre, e suocera, per loro stessa mano.

L’omicidio è un agito sicuramente inaccettabile per l’essere umano in quanto tale e quindi in grado di impedire la sopravvivenza psichica. Una pianificazione solida e preordinata quella dei tre.

Un sodalizio criminale che è diventato indissolubile a fronte della percepita necessità di soddisfare propri bisogni futili e abietti: quelli economici. Bisogni che i tre erano convinti di poter appagare attraverso la gestione degli immobili di Laura Ziliani.

Del resto, che i bisogni fossero di matrice consumistica, lo testimonia anche l’atteggiamento tenuto dal trio diabolico nell’immediatezza della scomparsa. Mentre tutti cercavano Laura, Silvia, Paola e Mirto avevano prenotato una vacanza e dato l’anticipo per l’automobile. Quest’ultimo proprio l’acquisto negato alle figlie dalla stessa madre.

L’odio di Silvia Zani

“La sera del 7 maggio l’abbiamo prima stordita con i calmanti che ho preso dalla RSA dove lavoravo mettendole in provette utilizzate per le analisi del sangue. Quando non girava nessuno li prendevo dal carrello dei farmaci, poche gocce al giorno. Ho anche insultato mia mamma in quel momento la odiavo perché mi stava costringendo a fare quello. Mi avrebbe rovinato la vita. Le ho anche dato un pugno”.

Due sono le cose che maggiormente colpiscono dalla testimonianza di Silvia Zani. In primo luogo, la frustrazione e la rabbia nutrita nei confronti della madre.

Una rabbia tramutata in un odio tale da indurla addirittura a colpirla violentemente con un pugno dopo che era morta. Con annesso addebito della colpa per quello che stava facendo. Proprio in ragione della sopravvivenza psichica cui si accennava poc’anzi.

In secondo luogo, dal punto di vista criminologico (e non solo) è raggelante il racconto della ragazza circa la sottrazione delle benzodiazepine dalla casa di riposo nella quale lavorava. Giorno dopo giorno, goccia dopo goccia, Silvia racconta di come prelevava i sedativi in maniera furtiva dalla Rsa per timore che qualcuno potesse scoprirla.

Senza, però, che questo atteggiamento avesse mai lasciato spazio al benché minimo ripensamento. Una programmazione concreta, lucida e criminale. Dritta verso l’obiettivo.

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Le serie tv

Dexter, I Borgia, Breaking Bad. Queste le serie tv dalle quali avrebbe tratto ispirazione il trio diabolico per eliminare Laura Ziliani. La ricina e l’aconico i due veleni prescelti per i tentativi rimasti incompiuti. Testimonianze agghiaccianti che confermano però come i giovani fossero animati da una malvagità che si ripiegava su sé stessa. Ma non solo.

Personalità senza scrupoli che per due anni hanno cercato di inscenare il delitto perfetto. Come evidenziato anche dalle ricerche sui telefoni nella disponibilità degli imputati.

Ma dalle serie tv, così come dal materiale fruibile in rete, non è possibile apprendere le modalità con le quali compierlo. Perché nella vita vera il delitto perfetto non esiste. Al massimo resta impunito. Ma non è stato neppure questo il caso.

L’atteggiamento in aula

Le immagini restituiteci dall’aula della Corte d’Assise di Brescia hanno mostrato due ragazze, Silvia e Paola, piegate su loro stesse, con la testa china ed un atteggiamento apparentemente remissivo e dismesso. A prima vista potrebbe sembrare il comportamento di persone pentite, ma in realtà altro non si è trattato che di una strategia processuale.

Le due ragazze non hanno mai mostrato il benché minimo segno di pentimento. Hanno confessato dopo la rottura del sodalizio criminale, avvenuta per mano di Mirto, ma lo hanno fatto dopo la lettura dell’incartamento procedimentale.

E cioè con la piena consapevolezza di quello che rischiavano per l’omicidio della madre: l’ergastolo. Una considerazione che viene avvalorata anche dalle parole scandite dalle stesse durante l’interrogatorio. Parole che si sono inserite nel chiaro intento di attenuare la loro posizione.

In quel frangente hanno infatti cercato di discolparsi asserendo che la decisione di uccidere Laura derivava dal timore più grande di essere uccise dalla medesima.

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