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Neonato lasciato in ospedale, la mamma: “Come farebbe a sopravvivere in strada con me?”

I giovani genitori Sabrina e Michael dopo aver perso il lavoro vivono in una tenda vicina alla stazione di San Donato (Milano): la loro situazione di fragilità non gli permettere di tenere il piccolo appena nato. “Scelta responsabile, ma resta l’amarezza”
A cura di Francesca Del Boca
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"Mi hanno dato dieci giorni di tempo per riconoscere mio figlio dopo il parto. Ma come farebbe a sopravvivere con me al gelo?". Sono le parole di Sabrina, 23 anni, originaria di Cagliari e da pochi giorni mamma. O meglio non più, dopo aver deciso di lasciare il proprio bambino appena nato nell'ospedale di Melegnano (Milano). Il piccolo, venuto al mondo prematuro, è nato il 2 dicembre. E, al trascorrere dei dieci giorni previsti per legge, non è stato riconosciuto dai genitori. 

Sabrina e Michael, i giovani genitori che vivono in una tenda a San Donato

La storia è riportata da Il Giorno. E riguarda due giovani genitori, Sabrina e Michael, ragazzi di 23 anni lei e 29 anni lui. Vivono in strada, al freddo. Sono tornati in Italia, senza documenti, dopo un lungo periodo in Germania. "Abbiamo dormito con meno 19 gradi in Germania, al gelo. Riusciremo a resistere a Milano". Nel Nord Europa il giovane faceva il pizzaiolo, ma ha perso il lavoro ed è finito ai margini. Amsterdam, Chiasso, Milano. Sempre insieme a Sabrina: di stare in un dormitorio non ne vogliono sapere, per non separarsi neanche per un attimo. Così adesso la loro casa è dentro una tenda, vicino alla stazione di San Donato. All'aperto, esposta a pericoli e rischi di ogni genere.

La situazione di emarginazione dei due genitori

"I genitori in queste condizioni disagiate non sarebbero stati in grado di tenere con sé il bambino dopo il parto e credo che la loro scelta sia stata in qualche maniera la più responsabile", commenta a Il Giorno il procuratore capo del Tribunale per i minorenni di Milano Ciro Cascone. "Rimane però l’amarezza per la situazione di emarginazione dei giovani genitori. Non sarà purtroppo il primo né l’ultimo caso di ragazzi che si perdono, senza che nessuno faccia niente per accompagnarli verso un progetto di vita accettabile".

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