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Negati i domiciliari a Ilaria Salis, l’avvocato: “Governo italiano aveva garantito niente catene in tribunale”

La giustizia ungherese ha deciso che Ilaria Salis resterà in carcere, l’attivista antifascista italiana è arrivata in tribunale ancora con manette e ceppi. L’avvocato della donna commenta a Fanpage.it: “Il governo italiano aveva garantito altro”.
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No alla richiesta dei domiciliari per Ilaria Salis: l'attivista antifascista italiana, detenuta in Ungheria dal febbraio 2023, accusata di aver aggredito due neonazisti del raduno "Giorno d'onore", rimane in carcere. "È una misura incomprensibile, – spiega a Fanpage.it Eugenio Losco, legale di Salis – "il giudice ha ritenuto di non poter modificare la misura cautelare in considerazione del fatto che consiste ancora il pericolo di fuga. Ma questo il giudice lo desume dal fatto che a Ilaria viene contestato un reato molto grave, si tratta di una considerazione priva di fondamento, abbiamo posto nuovi elementi, come un domicilio in Ungheria a Budapest e quindi la garanzia della presenza di Ilaria alle successive udienze".

Ilaria Salis di nuovo in catene in tribunale

All'udienza Salis è arrivata ancora ammanettata e con catene alle caviglie: "Nonostante le garanzie fornite dal Governo italiano (la premier Meloni aveva anche sentito telefonicamente Orban, ndr) , nuovamente Ilaria è stata portata con i ceppi ai polsi, le catene, il guinzaglio, tenuta per più di tre ore in queste condizioni in palese violazione di tutte le normative europee in particolare l'articolo 3 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo, è il momento che ci sia un intervento di tipo diplomatico governativo più forte", continua Losco.

Nonostante le voci di protesta sollevate dall'Italia dopo la prima udienza del 29 gennaio, quando Ilaria Salis fu accompagnata in udienza ammanettata, con i ceppi alle caviglie e scortata da agenti ungheresi in passamontagna, la scena si è ripetuta anche all'udienza del 28 marzo. La stessa Salis ha dato autorizzazione, con una lettera consegnata ai suoi legali, alla pubblicazione delle immagini che l'avrebbero ritratta in quelle condizioni durante l'udienza.

Fallita la via giudiziaria con la richiesta dei domiciliari, un maggior coinvolgimento della diplomazia italiana resta l'unico spiraglio per cambiare il regime detentivo: "Difficile visto l'atteggiamento ungherese, però se si vogliono fare dei passi bisogna farli da quel punto di vista", commenta Losco.

"Vi spacchiamo la faccia"

Intanto, fuori dal tribunale, il clima intorno al processo Salis preoccupa. Prima di entrare in tribunale, racconta Losco, "siamo stati avvicinati da cinque sei persone di estrema destra, neonazisti che hanno incominciato a osservarci con tono minacciosa, in ungherese ci hanno detto ‘vi spacchiamo la faccia', ci siamo un po' intimoriti però non è questo che ci fermerà dalla difesa di Ilaria". Tra i sostenitori di Salis c'era anche il fumettista Zerocalcare.

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