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‘Ndrangheta a Lecco, famiglia supplica il boss: “Prestami i soldi per l’operazione di mia figlia”

Nel business del boss di Lecco Cosimo Vallelonga, finito in manette per la seconda volta martedì scorso dopo una maxi operazione della polizia e della guardia di finanza, c’è anche l’usura: le vittime chiedevano del denaro al boss che poi dovevano restituire ad alti tassi usurai. Tra queste c’è anche una famiglia che si è rivolta al ‘ndranghetista per avere soldi necessari per un’operazione chirurgica della figlia. E ancora: durante un’altra intercettazione si sente una vittima supplicare il boss per concedergli altro tempo per restituire il prestito.
A cura di Giorgia Venturini
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Non ci sono solo rifiuti metallici ad alta radioattività nel business di Cosimo Vallelonga, il boss di Lecco finito in carcere nella maxi operazione di martedì 9 febbraio pochi mesi dopo aver scontato una pena per 416 bis. Durante le indagini preliminari, infatti, la Procura di Milano è risalita ad altri affari del boss: tra questi Vallelonga, aiutato dai suoi fedelissimi, ha concesso prestiti con alti tassi usurai a imprenditori e famiglie della zona in difficoltà. Servendosi del metodo mafioso: ha messo in campo minacce e intimidazioni e ha fatto uso all'occorrenza di armi da fuoco, necessarie per creare condizioni di assoggettamento e di omertà nei confronti delle vittime. Queste, infatti, non hanno sporto denuncia alle forze dell'ordine.

Tra chi si era rivolto al boss per chiedere un prestito c'è anche una famiglia che necessitava urgentemente di soldi per pagare un importante e costoso intervento chirurgico alla figlia: Vallelonga – come si legge nelle carte – aveva prestato 22.500 euro pretendendo però entro due mesi una somma complessiva di 50mila euro. Nelle intercettazioni l'indagato faceva riferimento a un suo altro fedelissimo che "conosceva il loro linguaggio della armi gambizzando chi non rispettava gli impegni presi con lui". Concetto che non dimenticava mai di ricordare alle sue vittime. Così la famiglia, intimorita dalle continue minacce a causa dei ritardi nella restituzione, si era fatta consegnare da un amico delle opere d'arte a garanzia della restituzione.

La trattativa usata dal boss per le sue vittime

Il modus operandi utilizzato del boss lecchese per avvicinare le sue vittime era sempre lo stesso: si serviva di un intermediario che presentava il "cliente" a Vallelonga nel suo negozio "Arredo mania" di La Valletta Brianza, sempre in provincia di Lecco, i cui locali venivano anche utilizzati per i summit di ‘ndrangheta. Con i clienti il boss pattuiva subito un tasso di interesse elevatissimo con obbligo di restituzione a brevissimo tempo rivelando poi a loro i nomi dei misteriosi "terzi finanziatori" per i quali Vallelonga svolgerebbe solo il ruolo di intermediario. Pochi giorni dopo avveniva la consegna del denaro senza alcuna richiesta di garanzia: il tutto – nello stile ‘ndranghetista – basato sull'unico rapporto di fiducia. E se l'usurato spezzava questo rapporto, iniziavano le minacce e gli atti intimidatori: in caso di mancato pagamento poi scattavano le imposizioni di consegne di beni e intestazioni di quote al fine di ripianare il debito. Ma alla Direzione Distrettuale Antimafia di Milano resta un dubbio: durante le indagini non è stato possibile verificare la provenienza del denaro usato da Vallelonga nelle sua attività di usuraio. Resta, infatti, ancora da capire chi sono questi "finanziatori" di cui il boss parla spesso durante le intercettazioni.

Le supplice di una vittima di usura al boss

Tra le vittime intercettate ci sarebbe anche un uomo a cui Vallelonga aveva prestato circa 200mila euro, riguardante anche una fornitura di mobili preveniente dalla ditta del boss "Arredo mania". La vittima però era inadempiente al patto fatto con il ‘ndranghetista: così ha cercato di giustificare al boss il suo ritardo nei pagamenti supplicandolo di dargli ancora del tempo. Ma Vallelona non ha voluto sentire ragioni: "Finiamola qui, quella è la porta – si legge nell'intercettazione di un dialogo tra i due avvenuto probabilmente nel negozio di arredo -. Vai che poi adesso mando una persona e poi vii..paghi (..). Viene lui a prendere il resto dei soldi (…) con me hai finito l'amicizia perché mi hai preso in giro". Mentre la vittima insisteva: "Noooo. Dammi ancora 5 minuti. Non puoi farmi questo. (…) Cosimo glielo chiedo in ginocchio". Dalla conversazione è emerso che il debito rimasto era di 15mila euro: tra i due alla fine scatta un ulteriore accordo sulla data dei pagamenti. Ma, spaventato, la vittima ha chiesto ancora al boss: "Lei mi lascia tranquillo Cosimo? Posso dormire tranquillo? (…) Mi ha sempre tenuto sotto le sue ali e mi deve tenere ancora le chiedo cortesemente". Segno che sono tante le famiglie e gli imprenditori che scelgono la ‘ndragheta e non lo Stato per chiedere prestiti. Così al Sud, così al Nord. Come è certo però che una volta trattato con l'organizzazione criminale la vittima deve fare i conti con il metodo mafioso.

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