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Milano, il 28 agosto 1944 l’eccidio di viale Tibaldi: quattro partigiani fucilati dai fascisti

Il 28 agosto del 1944 un plotone della famigerata Legione autonoma Ettore Muti fucilò quattro partigiani a Milano, in viale Tibaldi. Vittime dell’eccidio fascista di viale Tibaldi, come viene ricordata la strage commemorata ogni anno, Albino Abico, Giovanni Alippi, Bruno Clapiz e Maurizio Del Sale.
A cura di Francesco Loiacono
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Si chiamavano Albino Abico, Giovanni Alippi, Bruno Clapiz e Maurizio Del Sale. Sono loro i quattro partigiani uccisi il 28 agosto del 1944 dai fascisti a Milano, in quello che viene ricordato come l'eccidio di viale Tibaldi. I quattro martiri della Resistenza avevano rispettivamente 23, 24, 39 e 47 anni. La loro "colpa" era stata quella di aver percorso in auto le vie centrali della città, da piazza Duomo a via Dante, lanciando in strada volantini che invitavano alla resistenza e alla ribellione dal regime nazifascista. Un gesto dalla forte valenza simbolica, perché avvenuto una quindicina di giorni dopo l'eccidio di piazzale Loreto in cui persero la vita 15 partigiani, una strage che aveva fortemente scosso la città e avrebbe potuto soffocare la rivolta.

L'arresto e la fucilazione

I quattro partigiani – un quinto scampò fortunosamente all'arresto – vennero individuati, forse a seguito della delazione di una spia, in un'osteria che si trovava in via Tibaldi 26, utilizzata dai partigiani per nascondere le loro armi, da un plotone della famigerata Legione autonoma Ettore Muti. I quattro vennero prelevati, sottoposti a orribili sevizie e poi riportati in viale Tibaldi: qui vennero allineati lungo il muro dell'osteria, in una strada presidiata da fascisti armati e sprofondata in un terrificante silenzio, e quindi fucilati.

La testimonianza di un negoziante

"Non vi fu alcuna lettera di sentenza – ricorda un negoziante di viale Tibaldi che assistette all'eccidio – una decina di brigatisti neri che avevano in testa un berretto rotondo comandati da uno che aveva dei gradi, imbracciarono i mitra a non più di tre metri di distanza. All’ultimo momento, quando il comandante ebbe ordinato il fuoco, uno degli arrestati trovò la forza di voltare il viso contro il muro e farsi il segno della croce. Bastò una sola scarica, data la breve distanza e caddero. L’ufficiale si avvicinò ai corpi straziati sferrando dei calci, notò che qualcuno respirava ancora. Si fece dare da uno dei carnefici un mitra e nuovamente sparò sui morti". "I martiri – ricorda ancora il negoziante in una testimonianza riportata sul sito dell'Anpi provinciale di Milano – furono lasciati sul marciapiede arrossato di sangue che a piccoli rivoli scendeva fin sulla strada. Rimasero al sole di agosto con le mosche che ronzavano, fra lo sbigottimento, l’orrore, l’odio che aumentava sempre più, sino a sera inoltrata".

Ogni anno la sezione Anpi intitolata proprio ai "martiri di viale Tibaldi" commemora l'eccidio fascista. Tre delle quattro vittime, Abico (poi decorato con la Medagli d'argento al valor militare), Alippi e Del Sale, facevano parte di un gruppo che si era costituito nella primavera del 1944 a Baggio, allora comune a parte. I tre in seguito avevano preso contatto con il Gruppo di azione patriottica (Gap) di Ruggero Brambilla, nome di battaglia Nello, e avevano trasportato un carico d’armi in Val d’Ossola dove si erano fermati presso l’85esima Brigata d’assalto Garibaldi. Erano tornati a Milano assieme a Clapiz, costituendo il Gap distaccato dell'85esima Brigata Garibaldi: il loro principale compito era di approvvigionare la brigata di montagna di tutto il necessario.

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