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L’ombrelleria Maglia, a Milano dal 1854: “Vendiamo più ombrelli con il sole, un cliente ne comprò uno per 5mila euro”

Francesco Maglia, artigiano di sesta generazione, gestisce a Milano la storica ombrelleria di famiglia, nata più di un secolo e mezzo fa, nel 1854. Immerso tra gli attrezzi del mestiere nel suo garage-bottega di via Ripamonti, ha raccontato a Fanpage.it che cosa significa oggi vendere ombrelli fatti a mano, con aneddoti che rivelano soddisfazioni e difficoltà del lavoro.
A cura di Alice De Luca
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L’ombrelleria Francesco Maglia, a Milano, si nasconde in un garage di via Ripamonti ed è una sintesi di bellezza e fatica. È il posto del fare con le mani, di un'attività che affonda le radici nel tempo, ma è anche un luogo abitato ogni giorno dai problemi dell’oggi. Anche qui, come in tante botteghe artigiane, il presente pone una sfida in oscillazione continua tra la resistenza e l’adattamento. Ad affrontarla ogni giorno è Francesco Maglia, sesta generazione di una famiglia la cui attività va avanti dal 1854. Nella sua bottega, circondato da tessuti, manici, componenti in metallo, macchine da cucire, legni pregiati ed esotici, ha raccontato a Fanpage.it cosa significa oggi realizzare e vendere ombrelli di pregio, fatti a mano, in una città veloce come Milano.

La vostra attività va avanti da più di 150 anni: mi racconti com'è nata, nel 1854?
Il primo Francesco Maglia inizia a fare gli ombrelli come garzone. Ma un tempo l'ombrellaio era un venditore ambulante che si spostava di paese in paese, riparando e vendendo ombrelli, quindi una vita poco soddisfacente e povera. Per questo il giovanissimo Francesco Maglia, distrutto da questo stile di vita, decide di venire a Milano e arruolarsi nell'esercito austriaco. Quando arriva però si rende conto che a Milano piove e vedendo la quantità di ombrelli in circolazione decide di aprire un'attività dedicata. L'azienda poi si è sviluppata benissimo perché l'ombrello era un bene quotidiano di primissima necessità:senza i mezzi di trasporto attuali la gente andava in giro a piedi e quando pioveva c’era il rischio di ammalarsi e morire. Poi una volta si producevano oggetti di qualità, fatti per durare: non esisteva l'ombrello economico che usavi qualche volta e poi si rompeva.

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Come è cambiata poi l'attività?
Con l'avvento dell'import dai paesi asiatici è arrivata un'offerta dapprima di componenti, poi di ombrelli finiti, a prezzi talmente bassi che si è perso quel concetto di ombrello di qualità. Noi però oggi non facciamo un ombrello molto diverso da quello fatto quarant'anni fa: lo facciamo ancora fatto bene, come quando doveva durare venti, trenta o quarant'anni.

Oggi come si diventa un artigiano che fa ombrelli?
Fondamentalmente non c'è mai stata una scuola di artigiani dell'ombrello. L'azienda divide la figura dell'artigiano a seconda delle sue capacità: per esempio c'è un reparto dove vengono sfruttate al meglio le capacità meccaniche di micro falegnameria, di assemblaggio di componenti metallici. Poi ci sono i reparti sartoriali dove si sfruttano di più le abilità di taglio, di uso delle macchine da cucire o il cucire a mano. Oggi però è un disastro, perché c'è interesse dei giovani verso il fashion ma manca l'interesse verso queste abilità. L'ultima ragazza che abbiamo trovato faceva la pasticciera ma non era soddisfatta del suo lavoro: le abbiamo proposto di provare a lavorare qui, si è messa di buona volontà e ha imparato da zero. Adesso stiamo cercando una persona che sappia cucire a mano ma non troviamo nessuno.

A sinistra l'assemblaggio dei manici e a destra la cucitura dei triangoli che formano l'ombrello
A sinistra l'assemblaggio dei manici e a destra la cucitura dei triangoli che formano l'ombrello

Qual è la tua giornata tipo? Ti svegli e cosa fai?
Corro al lavoro: le giornate sono molto intense, soprattuto adesso che una dipendente è andata in pensione e in quasi quattro anni di ricerche non abbiamo trovato una valida sostituta, ma dobbiamo mantenere gli stessi ritmi produttivi. É tanto lavoro pratico ma poi c'è anche tutta la gestione burocratica: stare dietro ai brand e ai fornitori. A volte poi ci sono gli imprevisti stagionali: per esempio non piove per tre mesi e il legno ha ritardi nelle consegne. Oppure ti si rompe una fresa e per due ore devi fare il meccanico. Quindi è un lavoro molto attivo: morirei in ufficio.

Fasi della cucitura a mano
Fasi della cucitura a mano

A proposito di imprevisti: come influisce il clima e il tempo atmosferico sulla vostra attività?
Il cambiamento climatico ha un peso e lo si nota nei materiali, come i bastoni di legno. Il nocciolo ad esempio è cambiato tantissimo: un tempo aveva una bellissima corteccia dorata con riflessi incredibili, oggi è sempre più scuro. Da un contadino nel nord della Spagna invece prendevamo un castagno bellissimo ma ora dobbiamo prenderlo da altre parti perché lì in estate si arriva ai 47 gradi e gli alberi ne risentono.

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E nelle vendite?
Per quanto riguarda le vendite, invece, vendiamo molti più ombrelli con il sole: chi compra i nostri ombrelli e spende così tanto lo fa perché rimane affascinato dall'estetica e dalla qualità, non li compra perché piove ed è spinto dal senso di urgenza, non sono acquisti impulsivi. E poi quando non piove si desidera di più il momento di pioggia. Non a caso il mercato su cui lavoriamo meglio è quello della California, dove piove dieci giorni all'anno. Parlando una volta con un californiano che mi ha comprato una decina di ombrelli in due anni gli ho detto ‘Ma li tieni tutti lì gli ombrelli?' e lui mi ha risposto ‘Francesco tu non hai idea del piacere che ho quel giorno all'anno che sono in giro a piedi e piove e posso usare il tuo ombrello'".

Qual è l'ombrello più prezioso che avete venduto?
L'ombrello che economicamente aveva il valore più alto l'ho venduto a circa 5mila euro. Era un ombrello fatto con un bastone intero di un legno che si chiama snakewood e arriva dalla Guyana Francese. Era una misura enorme perché il cliente era altissimo e voleva un ombrello su misura: solo l'asta doveva essere lunga 107 centimetri. Mi ci sono voluti due anni per trovare tutto il materiale. Uno pensa che vendendo un ombrello a 5mila euro si guadagni un sacco, ma in realtà perdi tanto tempo che quasi non ne vale la pena. Quindi non lo faccio per un cliente qualunque.

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Restando in tema: qual è il vostro cliente tipo?

Quando ho rilevato l'azienda nel 2019, il nostro cliente tipo era il classico gentleman affezionato al mondo della sartoria. Oggi però abbiamo superato quel concetto un po' posh: il nostro cliente medio è un laureato che ricopre buone posizioni lavorative e attiriamo sempre più pubblico femminile. C'è una spinta anche nei giovani, nei trentenni, verso la ricerca di brand di nicchia. Poi noi vendiamo il 99% dei nostri prodotti all'estero, ai clienti italiani venderemo solo una ventina di ombrelli all'anno. Nel Nord Europa lavoriamo meglio perché la gente va in giro a piedi e una casistica che non mi spiego è che da lì abbiamo tanti clienti veterinari. Anche le persone che vengono da Milano sono tutti stranieri che vivono qui: americani, giapponesi, tedeschi, svizzeri, canadesi. Poi abbiamo un paio di clienti milanesi doc che comprano anche due o tre ombrelli all'anno. Il cliente che viene spesso diventa quasi una persona di famiglia: ad esempio c'è un signore che credo abbia sui 70 anni e lui avrà almeno 30 o 40 nostri ombrelli.

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Perché una persona nel 2025 dovrebbe acquistare un ombrello artigianale? 
Perché ne fa uso, per il desiderio di possedere qualcosa di durevole che rispetti la propria spesa. Può essere un po' spaventoso spendere 400 per un ombrello, ma se si pensa nella propria vita a quanti ombrelli scandenti si sono comprati. Poi è bello: abbiamo avuto un cliente che è venuto a far riparare un ombrello di 40 anni fa e mi ha detto ‘Guarda, la cosa più bella è che io quando prendo questo ombrello ho dei ricordi di alcuni momenti fondamentali della mia vita, perché quando è nato mio figlio diluviava, la macchina era rotta e io sono corso in ospedale con questo ombrello' e mi ha raccontato che tutta la riflessione sull'essere diventato padre l'ha fatta tornando a casa sotto quell'ombrello".

Le stoffe per gli ombrelli.
Le stoffe per gli ombrelli.

Il fatto di trovarti a Milano come ha inciso sulla tua attività? 
Molto negativamente, sui costi e sui guadagni. Milano è un costo, ma in generale il sistema italiano. Conta che noi siamo considerati un'azienda ad alto rischio dal punto di vista della sicurezza, ma è assurdo: usiamo macchine da cucire domestiche. Questo però ci impone dei costi: abbiamo dovuto comprare un armadio da mille euro solo per tenerci dentro un litro tipo di acqua ragia. Fare l'artigiano oggi è veramente complicato: il mondo si è evoluto mentre l'artigiano è stato dimenticato, quasi dato per scontato. Per questo tante attività chiudono.

E a voi cosa ha permesso di durare tutto questo tempo? 
I sacrifici: ne facciamo, ne continueremo a fare e probabilmente saranno sempre più grandi. Ma spero di non arrivare mai a quel punto in cui saranno troppi.

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