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Le ciclovie di Milano sono una coperta scucita: “Interventi frammentari e incidenti, siamo indietro”

Valerio Montieri, consigliere nazionale di Fiab (Federazione italiana ambiente e bicicletta) e progettista di ciclabilità, intervistato da Fanpage.it spiega che i limiti della viabilità milanese sono ancora troppi. “Siamo indietro”, sottolinea, “negli anni passati si sono fatti interventi a pezzetti, frammentari”.
A cura di Simone Gorla
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"A Milano su piste ciclabili e ciclovie siamo indietro, come in tutta Italia. Negli anni passati si sono fatti interventi a pezzetti, frammentari. È una coperta scucita senza un disegno organico". Le intenzioni sono buone, la realtà per il momento molto meno. La metropoli che sogna la rivoluzione verde è ancora molto lontana dall'attuarla e per cambiare infrastrutture e abitudini non basta qualche mese, nemmeno quando di mezzo c'è stata una pandemia globale.  Valerio Montieri, consigliere nazionale di Fiab (Federazione italiana ambiente e bicicletta) e progettista di ciclabilità, intervistato da Fanpage.it spiega che la vita dei ciclisti e di tutti gli utenti "deboli" della strada, "ma preferisco definirli utenti attivi", è ancora molto complicata. E lo sarà finché la viabilità di Milano non sarà più dominata dalle esigenze delle automobili. "Lo sforzo dell'amministrazione col piano Milano 2020 va finalmente in questa direzione. Ma resta ancora molta strada da fare".

Dopo il lockdown, spinti anche dalla capienza limitata dei mezzi pubblici, molti milanesi hanno iniziato a usare la bicicletta o il monopattino per spostarsi in città. Questo ha messo in luce tutti i limiti della città dal punto di vista delle infrastrutture e dei comportamenti. Quali sono i problemi?

Ci sono diversi aspetti, ma a grandi linee la sicurezza sulle strade dipende da due fattori: velocità e distrazione. Sono questi i due fattori che tendono a provocare gli incidenti più gravi. Essere investiti a 50 km orari o a 30 km orari è ben diverso: è il discrimine tra farsi male e rischiare di morire.

Il problema sono le regole, le infrastrutture o le abitudini sbagliate?

Sulla ciclabilità serve cambiare le abitudini e in questo senso aumentare i numeri aiuta: più riesci ad avere persone che si muovono in bicicletta e con mezzi alternativi, più mezzi green stanno sulla strada, più stimoli attenzione e consuetudine in chi guida. Vedo in questi mesi che gli automobilisti iniziano ad abituarsi un po' di più. Negli ultimi anni abbiamo fatto passi da gigante dal punto di vista culturale su molti temi: dal divieto di fumo alle cinture di sicurezza. Ora dobbiamo fare lo stesso sull'uso dell'automobile.

Per convincere più persone a muoversi in bicicletta però è necessario metterle in condizioni di farlo in sicurezza. Cosa serve?

Noi cerchiamo di spostare il  concetto da pista ciclabile a ciclovia: cioè un percorso ciclabile con tanti pezzi diversi. Su una strada ad alto scorrimento serve la pista ciclabile, in altri casi basta avere una corsia, in altre ancora creare moderazioni del traffico e zone 30 per fare convivere auto e mobilità leggera.

A che punto è Milano con la realizzazione delle piste ciclabili?

A Milano su piste ciclabili e ciclovie siamo indietro, come in tutta Italia. Negli anni passati si sono fatti interventi a pezzetti, frammentari. È una coperta scucita senza un disegno organico. Lo sforzo dell'amministrazione col piano Milano 2020 va finalmente in questa direzione. Ma resta ancora molta strada da fare. Vediamo che in corso Buenos Aires prima passavano 4mila bici al giorno, ora con la pista ciclabile 8-9mila. La direzione è quella. È necessario creare più assi radiali dalla periferia al centro, con una o due circonvallazioni. Abbiamo anche il patrimonio dei controviali, che dovrebbero diventare realmente delle zone 30 a preferenza ciclabile.

Dall'altra parte c'è anche chi sottolinea i rischi portati sulla strada dai comportamenti a volte imprudenti dei "nuovi" utenti. Penso alle polemiche sull'uso dei monopattini.

Quello sul monopattino è un dibattito aperto anche tra noi. Vanno benissimo tutte le occasioni che tolgono le persone dall'automobile, e il monopattino è una di queste. Bisogna però dare delle regole e soprattuto rispettare quelle che già ci sono. Nelle zone pedonali, per esempio, dovrebbero andare a 6 km orari, ma spesso si vedono sfrecciare tra la gente. Ci deve essere senso di responsabilità da parte di tutti.

Dopo l'ultimo grave incidente è arrivata dall'assessore regionale alla sicurezza la proposta di rendere il casco obbligatorio per chi usa il monopattino. Che ne pensa?

Tutte le campagne sul casco in bici hanno avuto risultati deludenti. I pochi paesi che l'hanno reso obbligatorio hanno visto un calo talmente forte dell'uso che hanno fatto marcia indietro. In città la sicurezza deve venire dal modo di muoversi. Le regole valgono per tutti, si parte dal rispetto reciproco.

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