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Lavoratori immigrati sfruttati: il caso StraBerry, startup del bocconiano premiata da Coldiretti

Sarebbero oltre cento i lavoratori sfruttati dall’azienda StraBerry di Milano che si occupa della coltivazione e vendita di frutti di bosco. Sette le persone indagate al momento dalla procura di Milano con le accuse di sfruttamento del lavoro e intermediazione illecita, tra queste anche il fondatore della start up milanese, l’ex bocconiano, Guglielmo Stagno d’Alcontres, che nel 2013 e nel 2014 aveva ricevuto anche l’Oscar Green di Coldiretti.
A cura di Chiara Ammendola
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L'Apecar di Straberry Milano (Instagram)
L'Apecar di Straberry Milano (Instagram)

Un doppio Oscar Green ricevuto sia nel 2013 che nel 2014 da Coldiretti, coltivazione di frutta a chilometro zero, rispetto dell'ambiente e utilizzo di energia rinnovabile. Sono solo alcune delle caratteristiche dell'azienda agricola finita sotto inchiesta per sfruttamento del lavoro e intermediazione illecita nei confronti di un centinaio di braccianti, perlopiù stranieri provenienti dall'Africa subsahariana. L'azienda agricola di Cassina de' Pecchi nel Milanese è la StraBerry, start up lombarda che coltiva e vende frutti di bosco provenienti da agricoltura biologica che si è fatta conoscere a Milano grazie alle Apecar che ha posizionato in numerosi punti strategici con le quali ha iniziato a vendere proprio i prodotti derivanti dalla coltivazione della frutta.

Un progetto green e innovativo che in realtà secondo il pm di Milano Gianfranco Gallo sarebbe fondata su pratiche lavorative tutt'altro che lecite: al momento sono sette le persone indagate, tra le quali anche il fondatore della società Guglielmo Stagno d’Alcontres, 31enne messinese ed ex bocconiano, due addetti a sorvegliare la manodopera, un consulente del lavoro addetto alle buste paga e due dipendenti amministrative. Secondo la procura di Milano l'azienda fondata nel 2010 avrebbe stipulato contratti irregolari, sottopagando i pochi lavoratori assunti che percepivano 4,50 euro all'ora per giornate lavorative di almeno 10 ore, mentre in alcuni casi avrebbe sfruttato i lavoratori con la pratica della messa in prova. L'obiettivo era per i malcapitati superare due giorni di prova riuscendo a raccogliere un numero elevato di fragole, cosa che nessuno riusciva a fare e per questo veniva mandato via.

I lavoratori assunti per due giorni e poi licenziati dopo la prova

La Cascina Pirola che appartiene all'azienda è stata posta sotto sequestro e così i 53 immobili, tra terreni e fabbricati, i 25 veicoli strumentali e i tre conti correnti ad essa connessi. I lavoratori sfruttati alcuni dei quali hanno raccontato le condizioni di lavoro dando così una spinta alle indagini, sarebbero circa 100, la maggior parte dei quali ospiti nei centri di accoglienza. Sono stati alcuni controllo di routine delle Fiamme Gialle sulle banche dati Inps a far emergere un flusso anomalo di lavoratori assunti per pochi giorni, in modo da aggirare le norme e pagarli meno dei minimi previsti.

Minacciati e costretti a lavorare senza i dispositivi di protezione anti Covid

Inoltre nessuno dei lavoratori avrebbe mai ricevuto mascherine e dispositivi di protezione per il covid: "I braccianti – secondo gli inquirenti – soggetti alla continua vigilanza dei responsabili, erano costretti a sforzi fisici oltremodo gravosi, tesi a velocizzare la raccolta dei frutti e in spregio alle norme anti Covid-19 sul distanziamento sociale". Il tutto sotto la costante minaccia dei responsabili che approfittando delle condizioni di bisogno dei dipendenti, facevano intendere che "l'eventuale disobbedienza alle pressanti imposizioni dei datori di lavoro avrebbe comportato sospensioni o licenziamenti in tronco".

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