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Laura Taroni “affascinata dalla morte” ma capace di intendere: la perizia sull’infermiera di Saronno

Una nuova perizia certifica una “fascinazione per la morte” ma anche una capacità di intendere e volere nel processo d’appello “bis” all’ex infermiera dell’ospedale di Saronno Laura Taroni, accusata degli omicidi del marito e della madre attraverso la somministrazione di farmaci, con l’aiuto dell’amante, il viceprimario Leonardo Cazzaniga.
A cura di Simone Gorla
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Laura Taroni era "sana di mente" nonostante avesse una "fascinazione per un controllo sulla morte". È quando emerge dalla nuova perizia sull‘ex infermiera dell'ospedale di Saronno, in carcere perché accusata dell'assassinio del marito e della madre con la somministrazione di farmaci.

Di fronte alla corte d’Assise d’appello di Milano è in corso il processo "bis" a Taroni, 44 anni, per i due omicidi che risalgono al 2013 e al 2014. Delitti commessi in concorso con l’ex amante, secondo la procura, l'allora vice-primario del pronto soccorso di Saronno, Leonardo Cazzaniga, condannato all’ergastolo in primo grado per l’omicidio di 12 pazienti.

L'inchiesta denominata "Angeli e demoni", che portò alla luce le morti in corsia per mano del "dottor morte", ha preso due strade diverse nei tribunali. Cazzaniga ha scelto il rito ordinario e, dopo la condanna all'ergastolo in primo grado, sarà nei prossimi giorni in aula di fronte alla prima sezione della corte d’Assise d’appello di Milano. Taroni è stata condannata con rito abbreviato a trent’anni di reclusione, pena confermata anche in appello. Ma il suo legale, l'avvocato Monica Alberti, ha vinto il ricorso in Cassazione contro le motivazioni della condanna di secondo grado che non tenevano in considerazione le condizioni psichiche della donna.

Nel nuovo processo in appello, quindi, è stata discussa una nuova perizia. Lo psichiatra nominato dalla corte ha spiegato che all'epoca degli omicidi "potrebbero esserci state delle oscillazioni dell’umore" senza però rilevare "psicopatologiche acute e pericolose". La "fascinazione" per la morte alimentata dal rapporto con il viceprimario, quindi, non configura una incapacità di intendere e di volere.

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