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L’arcivescovo di Milano scrive a infermieri e operatori sanitari: “Bisognerebbe farvi un monumento”

“Bisognerebbe farle un monumento”. Si intitola così la lettera che l’arcivescovo di Milano, monsignor Mario Delpini, ha scritto a tutti gli operatori sanitari per esprimere loro riconoscenza, ammirazione e lo stupore per un lavoro che rivela “qualcosa di mirabile nell’essere umano”. “La dedizione fino al sacrificio, fino alla fatica estrema, fino all’eroismo che Lei e il personale sanitario avete vissuto nel momento drammatico dell’epidemia confermano un’attitudine che è consueta e una pratica che è quotidiana”.
A cura di Francesco Loiacono
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Due foto simbolo di infermiere impegnate nella lotta al Covid-19
Due foto simbolo di infermiere impegnate nella lotta al Covid-19

L'arcivescovo di Milano, monsignor Mario Delpini, ha scritto una lettera all'indirizzo degli infermieri e di tutti gli operatori sanitari per far giungere loro il suo grazie, la sua ammirazione, il suo stupore per ciò che fanno e insegnano. "Bisognerebbe farle un monumento" è il titolo della lettera, pubblicata integralmente sul sito della Diocesi di Milano, nella quale l'arcivescovo si rivolge idealmente a ogni operatore sanitario. La lettera è stata scritta il 30 maggio di quest'anno, Giornata nazionale del sollievo: "Carissima, Carissimo, la dedizione fino al sacrificio, fino alla fatica estrema, fino all’eroismo che Lei e il personale sanitario avete vissuto nel momento drammatico dell’epidemia confermano un’attitudine che è consueta e una pratica che è quotidiana", scrive Delpini. Il monumento a cui l'arcivescovo si riferisce "non è di marmo, bronzo, con parole retoriche e scritte memorabili. Piuttosto è impastato tutto di riconoscenza, di ammirazione e di grande stupore".

Dall'arcivescovo riconoscenza, ammirazione e stupore per gli operatori sanitari

Delpini riassume nella sua lettera "i sentimenti che avverto diffusi tra la gente di ogni ambiente, in tutte le parti della nostra diocesi, a seguito di esperienze di ogni genere. Perché, dunque, oltre ai medici, ‘si dovrebbe fare un monumento' a infermieri, operatori socio-sanitari, ausiliari socio-assistenziali e a tutta la categoria dedicata alla cura ospedaliera e domiciliare dei malati?". Tante le motivazioni che l'arcivescovo elenca: la riconoscenza, l'ammirazione che il personale sanitario suscita non solo tra chi è malato, ma anche tra chi viene a fargli visita e spazia dal cappellano al medico che vi lavora assieme. E infine lo stupore: "Ci sono lavori che rivelano qualcosa di mirabile nell’essere umano. In un contesto che sembra incline più a denigrare che a esaltare l’umanità, ci sono non solo persone, ma intere categorie davanti alle quali si rimane stupiti. L’abitudine contribuisce a rendere scontato quello che è sorprendente: eppure c’è una specie di rivelazione del mistero di Dio nell’umanità, nel fatto che ci siano migliaia di persone che iniziano la giornata o la notte dicendosi: ‘Ho un turno intero da dedicare ai miei malati'".

Le vostre mani sanno dell'umanità più di tanti sapientoni

L'arcivescovo Delpini si sofferma poi su "tutta l’umanità che passa dalle ‘mani con i guanti'": "Le Sue mani, carissima, carissimo, sanno dell’umanità molto più di tanti sapientoni che in ogni momento pronunciano sentenze, scaricano quantità di parole, fanno scendere sulla povera gente piogge di interminabili sequenze di immagini. Invece Lei – scrive monsignor Delpini – tocca l’umanità, le Sue mani con i guanti passano sulle ferite, sui punti doloranti, “sentono” il fremito e la paura, le rughe e la tenerezza. Le mani con i guanti conoscono la fragilità delle persone, la loro voglia di vivere o l’angoscia di morire, il desiderio di compagnia, l’invocazione del sollievo. La mani con i guanti conoscono anche la grandezza e la fierezza, la virtù ammirevole e insieme la meschinità, l’arroganza, l’egoismo: non tutti i pazienti sono uguali, tutti però sono uomini e donne e ci istruiscono sull’essere fratelli e sorelle in carne e ossa. Forse si dovrebbe proibire di parlare dell’umanità a quelli che non hanno mai conosciuto l’umano toccandolo con le mani con i guanti, ascoltando il gemito, sentendo i cattivi odori, studiando i volti, medicando le ferite".

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