Lamine, cresciuto in comunità, salva una famiglia dalle fiamme. “Sono riuscito a fare una cosa importante”

Appena ha visto il fumo uscire dalle finestre del palazzo non ha avuto esitazioni. Lamine Gaye si è tolto in fretta gli abiti eleganti del lavoro ed è corso verso quel signore che urlava "Al fuoco!" dal secondo piano di un appartamento. É una mattina come tante, a Vimodrone (Milano), e Lamine fa l'addetto alla sicurezza in un supermercato della zona. Ha 25 anni ed è originario di un villaggio in Senegal: a soli 14 anni ha abbandonato la famiglia per cercare una vita migliore. Dal Mali al Burkina Faso e successivamente in Niger, fino a raggiungere la Libia. I suoi spostamenti sono durati circa tre anni e mezzo, rifugiandosi sotto ai camion da cui scaricava la merce per guadagnare qualche soldo. Dalla Libia, dopo una traversata in mare su un gommone, è sbarcato a Lampedusa e poi su fino a Milano. Qui viene affidato alla comunità Kayròs, che aiuta i giovani in difficoltà. I primi tempi non sono facili. "Facevo tanti sbagli, quando ero là, avevo un grandissimo vuoto dentro, è stato difficile entrare in una famiglia che non era la mia".

L'atto eroico
Giovedì mattina il ragazzo sta attraversando la piazza di Vimodrone insieme a un amico, diretto al lavoro, quando sente l'urlo disperato di un anziano, e nota un fumo strano. Senza esitazioni si fa strada tra i curiosi assiepati sotto il palazzo, scavalca il cancello e si arrampica fino al secondo piano, dove già le fiamme iniziano a farsi sempre più feroci. "Sono entrato, ho subito chiesto se c’erano bambini o donne incinte. C’erano invece due anziani, un ragazzino e il signore che si sbracciava dalla finestra, con un cane", racconta Lamine al Corriere della Sera. "Mi è venuto in mente che il pericolo era anche il gas, chiedevo dove è il quadro per spegnerlo ma erano nel panico e non riuscivano a dirmelo, così ho girato per la casa in fiamme fino a che non l’ho trovato". Getta fuori dalla finestra delle tende, e con un estintore cerca di sedare il fuoco in attesa dell'arrivo dei pompieri. Poi ha cerca una scala e aiuta gli abitanti della casa a scendere. «Li tenevo abbracciati come fossero i miei nonni».
La telefonata
Una volta placate le fiamme, il pensiero va immediatamente a lei. Alla sua educatrice in comunità, Giusi Re, che l'ha sostenuto anche nei momenti più bui. "Giusi, arrabbiandosi molto, mi parlava sempre. Anzi, ogni arrabbiatura era occasione per parlarmi di più. E questo, alla lunga, è servito". Così le manda un vocale. "Volevo dirlo a te che sei un po’ la mia mamma: oggi sono riuscito a fare una cosa importante". Nei giorni successivi ha ricevuto i ringraziamenti dei cittadini e del sindaco di Vimodrone. "In Italia è la prima volta che mi ringraziano", ha commentato. Fiero del proprio gesto, senza sentirsi un eroe. "Ho fatto solo il mio dovere". E senza paura. "In Senegal, quando scoppiava un incendio, era peggio. Le case sono di paglia e attaccate le une alle altre, in un attimo il fuoco si propaga. Noi ragazzini dovevamo correre fino al pozzo per prendere l’acqua".
