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L’allarme di Avis Lombardia: “Crollano le donazioni di sangue e aumentano i costi per le strutture”

Le donazioni di sangue sono crollate del 15 per cento rispetto allo scorso anno. Lo riferisce a Fanpage.it Avis Lombardia, precisando che le sacche ricevute sono sufficienti per venire incontro alle esigenze sanitarie. A preoccupare è però l’aspetto economico: “In questi mesi i costi sono cresciuti a causa delle misure anti Covid messe in campo nei centri di raccolta, come la satificazione dei locali. Ma se i costi sono in forte crescita, non altrettanto si può dire delle risorse stanziate dallo Stato”.
A cura di Chiara Ammendola
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Crollano del 15 per cento le donazioni di sangue rispetto allo scorso anno. In questi mesi di pandemia però le sacche raccolte sono state sufficienti per compensare la richiesta di sangue negli ospedale: la diminuzione delle donazioni infatti è da affiancare al calo delle attività ordinarie e di altre "tragedie" non legate al Covid, come gli incidenti stradali. L'allarme, dunque, da Avis Lombardia arriva per l'aspetto economico: "Questo calo delle donazioni non è stato compensato da un aumento delle risorse destinate ai nostri centri di raccolta – precisa Oscar Bianchi, presidente di Avis Lombardia, a Fanpage.it -. Di norma per ogni sacca lo Stato ci rimborsa economicamente. I soldi vengono poi utilizzati per pagare il personale sanitario, per saldare i costi delle strutture di raccolte diverse rispetto agli ospedali o semplicemente per comprare mascherine e altri strumenti anti contagio agli infermieri. Il vero costo aggiunto di quest'anno. Per questo oggi le risorse non bastano".

Avis: Se non arriva aiuto economico non possiamo andare avanti

Stando a quanto riferito dall'associazione, in Lombardia il 55 per cento delle sacche di sangue donate arrivano dagli ospedali, il 45 per centro dai centri di raccolta. Per un totale di circa 500mila sacche all'anno, ovvero il 25 per cento di tutta la raccolta nazionale. E per un totale di 270mila donatori lombardi. "Ma se non avremo un aiuto economico non so per quanto tempo potremo andare avanti", precisa il presidente Bianchi. A preoccupare infatti l'Avis non è l'aspetto sanitario: le donazioni sono precipitate durante il periodo di lockdown della prima ondata, per poi risollevarsi una volta allentate le restrizioni. Alla fine il 2020 chiuderà con un calo del 15 per cento. "Nei mesi di picco della pandemia – continua Bianchi – le sacche di sangue richieste dall'ospedale sono state meno. In questo periodo gli ospedali sospendono le attività ordinarie per concentrarci sulla cura dei pazienti Covid. Così calano anche le donazioni perché bisogna tenere a mente che dopo venti giorni il sangue raccolto non può essere più utilizzato". Il vero problema è, dunque, l'aspetto economico: i costi sono aumentati perché i locali necessitano delle sanificazione e il personale medico del tamponi Covid.

Continua la raccolta del sangue iperimmune

Altro discorso invece per il plasma: attualmente l'intera donazione in Italia non garantisce l'autosufficienza, ma copre tra il 70 e l'80 per cento del fabbisogno. "L'altro 20 per cento viene acquistato per essere riutilizzato dagli ospedali in caso di necessità. Tra i nostri obiettivi c'è la riduzione di questo gap", tiene a ribadire il presidente Bianchi. Oggi gli Stati Uniti sono i primi produttori al mondo di plasma. O almeno fino a prima della pandemia: con l'arrivo del Covid le sacche di plasma sono calate del 20 per cento. "Intanto continua la raccolta del plasma iperimmune donato dai guariti Covid e considerato una cura efficace per le persone contagiate dal virus. Tanto che in regione sono già state raccolte 1.500 sacche. Per questo, forse ora più che mai, è necessario continuare a donare", conclude Oscar Bianchi.

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