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La lettera di una cassiera: “Per noi niente vaccino, eppure non ci siamo mai fermate”

“Ho visto vaccinare gente che di contatti con il pubblico non ne ha. Io sono cassiera in un supermercato e non ci siamo mai fermate, nemmeno durante il lockdown totale. Nessuno ci ha mai protetto”. È lo sfogo che Elena, cassiera in un supermercato di Bergamo, ha affidato a una lettera inviata a Fanpage.it. “Non siamo considerate persone a rischio. Insomma, ci dimostrano tutti che valiamo meno di zero. Ma essere cassiera non significa essere stupide”.
A cura di Redazione Milano
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(Immagine di archivio)
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Una lettrice di Fanpage.it, di professione cassiera in un supermercato di Bergamo, ha scritto una lettera per sottolineare come, nonostante lei e i suoi colleghi non si siano mai fermati durante la pandemia e abbiano continuato a lavorare a contatto col pubblico, nessuno li abbia mai ringraziati né protetti. Ma soprattutto per esprimere la propria rassegnazione sulla questione vaccini: le cassiere non rientrano tra le categorie a rischio, eppure come sappiamo in Italia diverse persone che non rientravano nelle categorie a rischio o non svolgono professioni a contatto col pubblico hanno ricevuto il vaccino contro il Covid-19. Ecco la lettera della cassiera Elena, come si è firmata la nostra lettrice.

Si parla tanto di persone che devono essere vaccinate perché persone a rischio. Sono d'accordo per quanto riguarda le persone fragili perché sono le prime a dover essere protette. Ma ho visto vaccinare anche gente che di contatti con il pubblico non ne ha. Io sono cassiera in un supermercato e non ci siamo mai fermate, nemmeno durante il lockdown totale. Nessuno ci ha mai protetto. Le mascherine in principio non potevano metterle (e le compravamo noi) perché i clienti si lamentavano perché facevamo impressione. Il plexiglas (di meno di 1 mt, quindi quasi inesistente) posto davanti alla postazione, è stato messo a fine maggio. Ci sono colleghe che si sono ammalate e sono finite in terapia intensiva. Altre morte…

Nessuno ha mai detto un grazie per aver messo sempre a rischio la nostra vita e quella dei nostri familiari. Ancora oggi dobbiamo discutere con i clienti che usano la mascherina come scaldacollo o con quelli che si abbassano la mascherina per leccarsi le dita per prendere i soldi dal portafogli. Noi, però, non rientriamo nelle figure a rischio e se facciamo per dire qualcosa ci sentiamo rispondere che è il nostro lavoro e che dobbiamo stare zitte. Noi non siamo medici e nemmeno infermiere. Ma anche noi abbiamo (e tutt'ora lo stiamo facendo) svolto un lavoro di servizio essenziale. Ti arrivano in cassa persone palesemente malate e altre che bellamente ti dicono "tra qualche giorno devo andare a fare il tampone perché sono stata a contatto con una persona positiva". Quando gli fai notare che in quel caso dovrebbe stare a casa in quarantena preventiva, ti rispondono che non ci pensano nemmeno. Però noi non siamo considerate persone a rischio. Insomma, ci dimostrano tutti che valiamo meno di zero. Ma essere cassiera non significa essere stupide. Molte di noi sono laureate e la scelta di fare questo lavoro è stata fatta per esigenze familiari. Scusate se mi sono permessa di scrivervi questa mail e probabilmente andrà cestinata, ma volevo solo esprimere tutta la mia disarmante rassegnazione.

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