Inchiesta urbanistica a Milano: come la finanza ha investito nell’edilizia e cambiato la città

Nelle scorse settimane a Milano è stata resa nota la notizia di un'inchiesta della Procura di Milano su un presunto sistema di favoritismi e corruzione legato alla costruzione di edifici e alla rigenerazione urbana avvenuta nella città negli ultimi anni. Secondo la Procura, funzionari pubblici avrebbero agevolato progetti urbanistici a vantaggio di grandi operatori immobiliari in cambio di favori e consulenze ben remunerate. Importante protagonista dell'inchiesta sull'urbanistica a Milano, però, è la finanza immobiliare, che con le sue operazioni è in grado di cambiare la città in modo molto più profondo di quanto si creda.
Chi sono le società che investono nella costruzione delle case
Alcuni esperti di finanza immobiliare hanno spiegato a Fanpage.it cosa succede quando la finanza entra nella progettazione della città e quali sono le conseguenze. Nelle metropoli come Milano, infatti, molti dei finanziamenti per costruire e ristrutturare edifici arriva non da singoli operatori immobiliari, ma da società specializzate nella gestione del risparmio.
"Queste strutture – spiega un esperto – raccolgono capitali da investitori istituzionali e privati (banche, assicurazioni, fondi pensione) per costituire fondi destinati all'acquisto, sviluppo e valorizzazione di immobili. Si tratta di soggetti che operano in base a una logica finanziaria precisa: trasformare l’investimento in rendimenti, entro un tempo determinato e secondo obiettivi di performance".
Cosa succede quando una società di questo tipo decide di investire nel mattone
Gli esperti spiegano a Fanpage.it che, quando un società di questo tipo decide di investire nella costruzione di un immobile, solitamente presenta al Comune una proposta per un intervento immobiliare da decine di milioni di euro, al fine di realizzare un nuovo comparto urbano, con residenze di fascia medio-alta, uffici e spazi commerciali. L’operazione è spesso accompagnata dalla promessa di riqualificare un’area dismessa, creare nuova occupazione e versare importanti oneri al Comune.
Sulla carta tutto appare positivo, ma nei fatti la natura finanziaria degli investitori ha delle ricadute importanti sul processo di costruzione degli immobili e sul suo risultato finale.
L'accelerazione dei tempi e l'abuso degli strumenti per semplificare le procedure
Un primo elemento critico riguarda i tempi. "Le attività urbanistiche – dice l'esperto – richiedono programmazione, iter autorizzativi, valutazioni ambientali e sociali. Il capitale finanziario, invece, tende ad avere una visione di breve o medio periodo, con necessità di generare ritorni regolari per soddisfare le aspettative degli investitori. Questo squilibrio temporale può tradursi in una pressione costante a velocizzare le procedure e a contenere i costi, anche quelli relativi agli obblighi pubblici".
Accelerare i tempi significa, spesso, anche cercare di accorciare le procedure e le autorizzazioni, ricorrendo in modo eccessivo a strumenti previsti dalla normativa urbanistica, nati per semplificare determinati interventi. Il rischio, dice l'esperto, è che "la pianificazione ordinaria perda coerenza e visione d’insieme. La conseguenza è una urbanistica adattiva, che tende a plasmarsi sulle esigenze del singolo progetto piuttosto che su un disegno strategico condiviso".
Spesso gli oneri di urbanizzazione non sono rispettati
Infine c'è il tema degli oneri di urbanizzazione, ovvero i contributi economici che gli investitori devono pagare ai Comuni per realizzare opere pubbliche connesse agli interventi edilizi (come strade, illuminazione, fognature). Spesso per spendere di meno, i privati chiedono di ridurre questi contributi, di rimodularli o di versare denaro invece di compiere le opere. Può anche succedere che, in assenza di vincoli specifici, gli interventi previsti vengano rinviati o non realizzati nei tempi previsti.
Le conseguenze sulla città e sui cittadini
Lo scopo di massimizzare i profitti fa spesso prevalere le logiche finanziare a scapito dell'interesse pubblico e dei bisogni collettivi. Lo si vede bene quando i privati, scegliendo le zone in cui investire, finiscono per preferire le zone centrali della città o già valorizzate, trascurando le aree meno redditizie, spesso coincidenti con le periferie, che restano escluse dai flussi di investimento.
Allo stesso tempo, riqualificare una zona con alti investimenti può generare, spiega ancora l'esperto, "processi di sostituzione sociale: chi ha redditi più bassi può essere progressivamente spinto fuori dai quartieri riqualificati, senza che vi siano strumenti compensativi efficaci".