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Incendio Arvedi, residenti preoccupati: “Nessun test sulla nube nera, ci sentiamo abbandonati”

Comitati e residenti dei centri abitati di Cavatigozzi e Spinadesco, alle porte di Cremona, sono arrabbiati e preoccupati all’indomani del vasto incendio divampato all’interno degli impianti dell’acciaieria Arvedi. Una colonna di fumo nero si è levata e l’odore acre si è sentito fino alla provincia di Piacenza. “Non hanno nemmeno fatto i campionamenti, ci sentiamo sacrificati e lasciati soli”, denunciano gli abitanti della zona.
A cura di Simone Gorla
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"Ci siamo trovati davanti a una colonna di fumo spaventosa, altissima. Ci siamo spaventati tantissimo. Siamo rimasti in ansia fino a sera". Il giorno dopo l'incendio all'acciaieria Arvedi, alle porte di Cremona, dove si è alzata una colonna di fumo nero in seguito a un cortocircuito in una torre di raffreddamento, gli abitanti dei centri abitati di Cavatigozzi e Spinadesco, che sorgono a poche centinaia di metri dall'impianto, sono preoccupati e arrabbiati.

"Sono anni che segnaliamo la criticità della zona, per problemi acustici, di inquinamento e per la prossimità dell'acciaieria alle case", spiega a Fanpage.it Stefania Lampugnani, che abita a poche centinaia di metri dal luogo dell'incidente ed è impegnata da tempo con il comitato di quartiere della frazione cremonese di Cavatigozzi. "Siamo circondati da diverse aziende: tubificio, oleificio, da qualche tempo c'è anche un parco rottami a cento metri dalle case", racconta, "c'è stato un incendio nel tubificio un mese e mezzo fa, dicono per un cortocircuito. Ieri ci aspettavamo informazioni, pattuglie della polizia casa per casa". Chi abita in questa zona è abituato da tempo a convivere con l'acciaieria, ma dopo l'ultimo incidente la preoccupazione aumenta. "Ci sentiamo sacrificati e lasciati soli. Non vogliamo fare la fine dei quartieri di Taranto dove le persone si sono ammalate,  non vogliamo essere lasciati nel dimenticatoio".

A poca distanza ci sono le case dell'abitato di Spinadesco, il comune dove sorge l'acciaieria. Anche qui il timore si somma all'irritazione. Ilaria Visioli, fondatrice del comitato Bianco Spino, racconta a Fanpage.it: "Mio figlio stava passando di là proprio quando le fiamme sono divampate, si sono alzate in un attimo. Il vento ha portato gran parte della nube verso la provincia di Piacenza. A Castelvetro Piacentino, dove lavora mia figlia, hanno avvertito un odore acre e un bruciore a gola e occhi. Si sono dovuti chiudere in casa".

A spiazzare gli abitanti di questa zona è stata la comunicazione da parte delle autorità che non sarebbe stato necessario eseguire test e campionature sulla nube provocata dall'incendio. Arpa ha infatti comunicato che "non si sono resi necessari campionamenti atmosferici". L’assessore all’Ambiente e Clima della Regione Lombardia, Raffaele Cattaneo, ha assicurato che nell'aria non sono stati disperse sostanze nocive. Ma chi vive vicino all'acciaieria teme che si voglia minimizzare. "Ci sentiamo soli e amareggiati", spiega Ilaria, "sembra che nessuno voglia affrontare il problema. Siamo amareggiati, ci trattano come una periferia dimenticata".

In quest'area, su cui insistono diversi insediamenti industriali e grandi aziende agricole, il livello di inquinamento percepito è molto alto, come raccontato da Fanpage.it, che aveva raccolto le denunce di comitati e cittadini."I cittadini hanno bisogno di chiarezza. Le procedure e i protocolli classici che oggi vengono utilizzati come ‘paravento' lì non funzionano per la situazione di grande impatto ambientale e stress cumulativo. Servono misure straordinarie e modelli di monitoraggio differenti", sottolinea il consigliere regionale Marco Degli Angeli. "Chiederemo più monitoraggi su prevenzione e sicurezza da parte della aziende".

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