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Il figlio muore: giudice ordina a Apple di dare i video del suo smartphone ai genitori

Per la prima volta in Italia un tribunale, quello civile di Milano, ha ordinato ad Apple di fornire i contenuti del telefonino di un ragazzo deceduto ai suoi genitori. Il figlio, di professione chef, era morto in un incidente stradale ma video, foto e ricette erano salvate sullo spazio Cloud. I genitori avevano chiesto al colosso di Cupertino di potervi accedere per realizzare un progetto in memoria del ragazzo, ma Apple si era finora opposta.
A cura di Francesco Loiacono
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Foto di repertorio
Foto di repertorio

Il loro figlio è morto un anno fa in un incidente stradale. Dal suo smartphone, distrutto ma con i contenuti recuperabili, i genitori speravano di poter recuperare alcuni video e foto, nonché una serie di ricette culinarie – dal momento che il ragazzo faceva lo chef – da far confluire in un progetto dedicato alla memoria del figlio scomparso. Ma l'azienda proprietaria del telefonino e dello spazio Cloud su cui erano stati sincronizzati tutti i dati, Apple, per un anno si era opposta alle richieste dei genitori, che hanno deciso così di rivolgersi alla giustizia.

È la prima sentenza del genere in Italia

Il tribunale civile di Milano ha dato loro ragione. Per la prima volta in Italia, come sottolineato da Luigi Ferrarella sul "Corriere della sera", un giudice ha ordinato in via cautelare ad Apple di fornire i contenuti del telefonino del figlio, una sorta di eredità digitale, ai genitori, rappresentati dagli avvocati Assuntina Micalizio e Mirko Platania. Il colosso di Cupertino aveva provato a opporsi alla richiesta della famiglia della vittima tirando in ballo questioni legate alla protezione dell'identità di persone terze in contatto col ragazzo e alla sicurezza dei clienti. Inoltre aveva avanzato ai genitori pretese poi ritenute dal giudice del tutto illegittime: chiedeva, sulla base dell'Electronic communications privacy act (una norma emanata nel 1986 dal Congresso degli Stati Uniti) che papà e mamma del defunto si dichiarassero suoi agenti e fossero portatori formali di un consenso legittimo.

La giudice Martina Flamini ha però ricondotto tutta la vicenda nell'ambito dell'ordinamento italiano, in particolare al Codice della privacy. Al suo interno, in tema di tutela post-mortem, si prevede che qualora una persona non decida in vita se lasciare o no ai suoi eredi la possibilità di accedere ai suoi dati e non vi siano divieti espressi, chi agisce "per ragioni familiari meritevoli di protezione" può accedere agli stessi dati. La norma in questione è l’articolo 2-terdecies comma 1 del decreto legislativo n.101 del 10 agosto 2018: "I diritti di cui agli articoli da 15 a 22 del Regolamento UE 2016/679 (di accesso, rettifica, oblio, portabilità) riferiti ai dati personali concernenti persone decedute possono essere esercitati da chi ha un interesse proprio, o agisce a tutela dell’interessato, in qualità di suo mandatario, o per ragioni familiari meritevoli di protezione".

Per la giudice Flamini inoltre il legame tra genitori e figlio e la loro volontà di tenere in vita la memoria del defunto con un progetto sono due elementi che configurano il "perseguimento del legittimo interesse", circostanza richiesta dal Regolamento generale europeo sulla privacy (Gdpr) per superare le ragioni opposte dal colosso Apple, che si dovrà così adeguare alla decisione del tribunale.

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