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Gli psicologi dell’emergenza: “Paura dell’altro e sindrome del giustiziere, gli effetti del Covid”

Paura dell’altro, di essere contagiati dal Coronavirus ma anche negazionismo come meccanismo di difesa: sono solo alcuni dei disagi che gli psicologi dell’emergenza della Lombardia aiutano a superare. Roberta Brivio, presidente del Sipem, ha spiegato a Fanpage.it che esiste una sorta di polarizzazione tra chi vive nella paura e chi invece ha reagito solo positivamente.
A cura di Ilaria Quattrone
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(Immagine di repertorio)
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La paura dell'altro. L'ansia di dover uscire e incontrare qualcuno che magari potrebbe contagiarci. E ancora la paura di dover essere costretti a una convivenza forzata. Queste sono solo alcune delle emozioni che tantissimi italiani stanno vivendo dopo il lockdown. Il ritorno parziale alla normalità non è stato semplice per tutti e il risvolto psicologico preoccupa soprattutto gli esperti. In Lombardia, la Società italiana psicologia dell'emergenza (Sipem), guidata da Roberta Brivio, è in prima linea nell'aiutare tutti coloro che presentano disagi durante periodi di forti crisi o eventi catastrofici. Proprio il presidente ha spiegato a Fanpage.it che alla paura di convivere con la morte e il dolore è subentrata quella del contatto con le altre persone. Allo stesso tempo però alcuni hanno avuto degli effetti positivi dal lockdown.

Gli anziani tendono a isolarsi in casa per paura di essere contagiati

"C'è una sorta di polarizzazione – spiega Brivio a Fanpage.it -. Da una parte c'è chi ha paura dell'altro, teme una nuova convivenza forzata o ancora non è autonomo. Dall'altro c'è chi invece vive più serenamente". Questa divisione è palpabile tra i giovani. "C'è chi vede nel lavoro da casa un modo per recuperare il tempo per sé stessi o per stare lontani da ambienti in cui subiva del mobbing. Allo stesso tempo ci sono tanti che soffrono perché sul posto di lavoro intessono delle relazioni sociali e hanno dovuto imparare a stare soli". Le difficoltà di alcuni giovani sono condivise anche dalle persone anziane: "Ci sono persone – afferma la presidente – che non escono di casa e che non vogliono vedere figli o nipoti per la paura di essere contagiati". E proprio sui bambini si riflette un'ansia maggiore tra familiari e insegnanti: "Ci sono docenti molto spaventati perché insegnano a studenti che arrivano da famiglie in cui c'è sempre stata una scarsa cura. Ci sono però anche mamme lavoratrici che hanno il timore che i loro figli si ammalino e che quindi debbano assentarsi dal lavoro".

Tra le vittime anche imprenditori, sindaci e assessori

Accanto alla paura del contagio troviamo quella della convivenza forzata. I problemi di coppia, per esempio, prima del lockdown erano sotto la soglia e con la quarantena forzata sono esplosi. E il rischio di un nuovo lockdown terrorizza qualcuno: "Tornare a stare a casa con il coniuge o con i figli, soprattutto se adolescenti, spaventa. E molti quindi ci chiamano per avere un sostegno". A questi si aggiungono le persone che si sono ammalate di Covid-19: "La paura più grande per loro è di potersi ammalare di nuovo o di avere problemi residuali. C'è chi soffre di cefalea, chi fa fatica a dormire e chi si risveglia molte volte di notte". A stupire è anche la presenza di imprenditori e amministratori pubblici tra le vittime prese in carico: "Il problema economico e del lavoro è molto importante. Noi, per esempio, abbiamo sottoscritto un protocollo d'intesta con il sindacato Uil per dare supporto ai lavoratori, ma siamo anche intervenuti con Confindustria Bergamo per gli imprenditori. Abbiamo avuto richieste anche di sindaci e assessori che hanno dovuto dare sostegno alla cittadinanza in un modo mai avvenuto prima. Le responsabilità penali o il dover prendere decisioni che potrebbero poi essere sbagliate creano situazioni di stress che prima grazie all'adrenalina si reggono, ma dopo portano a una crisi".

Il negazionismo è un meccanismo di difesa che innesca la sindrome del giustiziere

Non mancano le richieste dagli italiani all'estero. Australia, Dubai, Germania, Inghilterra, Libano e Messico sono solo alcuni degli Stati da cui sono arrivati appelli di aiuto. A spaventare è soprattutto la gestione diversa della pandemia e in molti casi la negazione della sua esistenza da parte dei concittadini. Questo comportamento è da considerarsi un meccanismo di difesa. "Molta gente nega la situazione perché ha talmente tanta paura che l'unico modo per difendersi è dire che non esiste un pericolo. La ricerca del complotto, atteggiamento paranoico e persecutorio, è dovuta al dover individuare i buoni e i cattivi. C'è bisogno di avere qualcuno da accusare perché accettare l'idea che esista un pericolo e che bisogna stare attenti è troppo. Farlo richiede un ampio livello di maturità. Dobbiamo capire che c'è un rischio, che dobbiamo proteggerci ed è nostra responsabilità farlo". Allo stesso tempo contro i negazionisti si innesca la sindrome del giustiziere: "Pensiamo alla rissa al supermercato di Crema. In quel caso si attiva in noi la volontà di ricoprire il ruolo del giustiziere dove se vedo che uno non rispetta le norme, mi arrabbio".

Che cos'è uno psicologo dell'emergenza?

Come funziona quindi lo psicologo dell'emergenza? Questa figura si rivolge a quelle vittime che hanno subito un trauma generato da un evento catastrofico. Utilizza quindi un insieme di tecniche d'intervento e di modelli di "inquadramento degli eventi cognitivi, emotivi, relazionali e psicosociali tipici dell’emergenza in situazioni di crisi" come i Cism (dispositivi di protezione individuale psicologici) che in un certo senso immunizzano le persone aiutandole a compiere passi concreti per il recupero del normale ritmo di vita. Tra le vittime non solo quelle elencate precedentemente, ma anche molti soccorritori. Il metodo del Sipem prevede inoltre l'intervisione tra colleghi: "Si parla di un caso e delle emozioni che sono state provate – spiega Brivio -. In questo periodo ci sono stati alcuni colleghi che magari hanno avuto un lutto e sentire una persona parlare di una perdita, magari simile alla tua, ti porta a interiorizzare in modo diverso e per questo è importante confrontarsi con altri colleghi che possono aiutarti". Per contattare uno psicologo dell'emergenza basta inviare una email a sipemsoslombardia@gmail.com lasciando un recapito telefonico o scrivendo magari un messaggio così da essere contattati entro 48 ore. La persona poi sarà richiamata da una psicologa che imposterà un piano di intervento a seconda dei bisogni emersi nei colloqui o in video chiamata.

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