Divieto di indossare il velo islamico a scuola: polemica per la mozione della Lega in Consiglio regionale

Il divieto di indossare il velo nei luoghi pubblici, in particolare nelle scuole. Questo è quanto proposto da alcuni consiglieri regionali della Lega in una mozione che verrà discussa oggi, martedì 4 febbraio, in Consiglio regionale.
La Lega lombarda torna a dibattere su uno dei temi che le stanno più a cuore: il velo islamico. Lo fa con una mozione il cui intento è quello di vietare l'utilizzo del velo islamico nei luoghi pubblici e in particolare all'interno delle scuole senza fare distinzione tra le differenti tipologie di velo esistenti e il loro significato così come alle analogie che esistono con alcuni indumenti tradizionalmente utilizzati in Italia anche da cittadini non musulmani.
Come si legge nel testo della mozione, la Lega invita infatti "il Governo e il Parlamento ad adottare iniziative legislative volte a introdurre misure che vietino l’utilizzo del velo islamico nei luoghi e negli edifici pubblici e a valutare l’estensione del divieto di copertura del volto e del capo con burqa, hijab, khimar, jilbab, niqab e chador a tutti gli ambienti scolastici, garantendo che tale misura non solo preservi la sicurezza, ma favorisca anche l’integrazione degli studenti di minore età".
Il commento del presidente della casa della Cultura islamica
In merito alla mozione avanzata dalla Lega, ha risposto Asfa Mahmoud, presidente della casa della Cultura islamica di via Padova: "In nessun versetto del Corano è detto che la donna debba coprirsi il volto, celare la propria identità, nascondersi o sparire dietro al burqa o al niqab".
Ha poi aggiunto che "i musulmani e le musulmane che si trovano in Italia, sono tenuti al rispetto dell’ordinamento civile, giuridico e costituzionale italiano, dunque, anche alla Legge 22 del 1975 in cui si esprime che la persona deve essere riconoscibile e quindi avere il volto scoperto". Proprio per il presidente questo non dovrebbe permettere alla politica "di strumentalizzare o di imporre un unico modello omologante in cui si vuole intervenire anche sul vestiario".
Il documento presentato dal Partito democratico
Anche il Partito democratico ha presentato un documento lungo il quale ribadisce "che nessuno può imporre alle donne come vestirsi, sia esso uno Stato, una Regione, una famiglia, singoli individui o altro, riaffermando la centralità dei diritti delle donne e della loro autodeterminazione" e garantire la piena applicazione della legislazione vigente".
Sul caso si è espresso anche il movimento Cinque Stelle che trova la mozione "becera di strumentalizzazione che vuole colpire una comunità integrata all'interno di Milano e del Lombardia", ha detto il capogruppo Nicola Di Marco.