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Denunciato per maltrattamenti dalla moglie, il pm chiede l’assoluzione perché è un “fatto culturale”

Originario del Bangladesh è stato denunciato dalla moglie, anche lei del Bangladesh ma cresciuta in Italia, per maltrattamenti fisici e psicologici. Il pubblico ministero ha chiesto che l’imputato sia assolto perché i suoi comportamenti sono maturati in un contesto culturale in cui questo è tollerabile.
A cura di Sara Tirrito
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Immagine di repertorio
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Un uomo è stato denunciato dalla moglie per maltrattamenti fisici e psicologici. Ma potrebbe essere assolto perché, secondo quanto dichiarato dal pubblico ministero, le violenze sarebbero frutto del suo "impianto culturale". A giudicarlo sarà il tribunale di Brescia.

I maltrattamenti sulla moglie

Entrambi originari del Bangladesh, i due si erano sposati con un matrimonio combinato e hanno due figlie. La moglie, di 27 anni e con cittadinanza italiana, aveva denunciato il marito accusandolo di maltrattamenti fisici e psicologici. Davanti alla richiesta di archiviazione da parte della procura, il giudice per le indagini preliminari ne ha ordinato l'imputazione coatta. Per il gip sussistevano "senz'altro elementi idonei a sostenere efficacemente l'accusa" in un processo.

Secondo quanto riportato dal Giornale di Brescia, il pubblico ministero però ha sostenuto che i comportamenti dell'imputato fossero giustificati dalla cultura di provenienza. "I contegni di compressione delle libertà morali e materiali della parte offesa da parte dell’odierno imputato – ha dichiarato il pm – sono il frutto dell’impianto culturale e non della sua coscienza e volontà di annichilire e svilire la coniuge per conseguire la supremazia su di lei"

Per l'accusa, le violenze sarebbero maturate in un contesto che all'inizio era stato accettato dalla moglie e poi per lei si sarebbe "rivelato intollerabile perché cresciuta in Italia e con la consapevolezza dei diritti che le appartengono".

Per la procura la cultura è un alibi

Il magistrato bresciano ha aggiunto che la vittima avrebbe deciso di separarsi dal marito per "conformare la sua esistenza a canoni marcatamente occidentali" mentre il marito avrebbe voluto attenersi alle tradizioni bengalesi di cui per il pm "si è fatto fieramente latore". L'accusa sembra giustificare l'imputato anche perché "la disparità tra uomo e donna è portato della sua cultura, che la parte offesa aveva persino accettato in origine".

Ragioni simili sono state già riportate in sentenze recenti, come quella per cui una vittima di molestie sarebbe stata "probabilmente mossa da complessi di natura psicologica sul proprio aspetto fisico, segnatamente il peso" e per questo si sarebbe sentita aggredita fisicamente.

Ma ancora più discusso è il giudizio riportato nero su bianco secondo cui un palpeggiamento "tra i 5 e i 10 secondi" non è considerabile molestia. Anche quando non si trasformano in sentenze, tesi del genere minimizzano gli abusi e alimentano processi di vittimizzazione secondaria, per cui le vittime si sentono sempre meno tutelate nel denunciare le violenze subite.

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