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Pm chiede l’assoluzione di un uomo che maltratta la moglie “per cultura”, la Procura di Brescia si dissocia

Dopo le polemiche suscitate dalle parole di un pm di Brescia, che aveva chiesto l’assoluzione di un imputato per maltrattamenti per “impianto culturale”, la procura di Brescia ha emanato una nota in cui si dissocia e condanna la violenza “a prescindere da qualsiasi riferimento ‘culturale”
A cura di Sara Tirrito
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Foto di repertorio
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Il procuratore distrettuale di Brescia Francesco Prete ha preso le distanze dal pubblico ministero Antonio Bassolino, che aveva chiesto l'assoluzione di un uomo a processo per aver maltrattato la moglie perché, secondo le sue dichiarazioni, i maltrattamenti sarebbero stati frutto di un "impianto culturale". Con una nota datata 12 settembre, la procura di Brescia si è dissociata dal pm e ha sottolineato come le affermazioni del magistrato vadano attribuite soltanto a lui.

La procura di Brescia si dissocia dal pm

"Questa procura – si legge nella nota firmata da Prete – ripudia qualunque forma di relativismo giuridico, non ammette scriminanti estranee alla nostra legge ed è sempre stata fermissima nel perseguire la violenza, morale e materiale, di chiunque, a prescindere da qualsiasi riferimento ‘culturale' nei confronti delle donne".

Dopo che le dichiarazioni del pm bresciano erano state diffuse dalla stampa, il deputato Riccardo De Corato (Fdi), ex consigliere regionale in Lombardia, dove è stato assessore alla sicurezza, immigrazione e polizia locale, ha annunciato un'interrogazione parlamentare con la richiesta di "un'ispezione urgente" alla procura di Brescia.

In risposta a questa richiesta, nel comunicato stampa diffuso, la procura ha precisato: "Le richieste di ispezioni ministeriali ci lasciano assolutamente tranquilli".

Il procuratore capo ha sottolineato che le dichiarazioni del pm "non possono essere attribuite all'ufficio nella sua interezza ma solo al magistrato che (…) in base alle norme del codice di procedura penale (…) svolge le funzioni in udienza in piena autonomia".

La denuncia per maltrattamenti

Alla base dello scontro fra procura e pm c'è il caso di maltrattamenti a processo al tribunale di Brescia. Una donna di 27 anni, originaria del Bangladesh ma cresciuta in Italia, nel 2019 aveva denunciato il marito per violenze fisiche e verbali.

La vittima si era sposata con un matrimonio combinato e aveva avuto due figli: "Sono stata venduta a un cugino per 5mila euro", aveva dichiarato in un'intervista al Giornale di Brescia. Poi aveva raccontato di essere "stata trattata da schiava, picchiata umiliata – ha dichiarato – costretta al totale annullamento, con la costante minaccia di essere portata definitivamente in Bangladesh".

La procura aveva già chiesto l'archiviazione in fase di udienza preliminare, ma il gip aveva voluto l'imputazione coatta. Il pm però ha chiesto l'assoluzione dell'imputato anche in fase dibattimentale, perché "i contegni di compressione delle libertà morali e materiali della parte offesa sono il frutto dell'impianto culturale e non della sua volontà di annichilire e svilire la coniuge".

A favore dell'assoluzione, il magistrato aveva inoltre dichiarato che la disparità tra uomo e donna fosse "un portato della sua cultura, che la parte offesa aveva perfino accettato in origine". Secondo l'accusa, la vittima avrebbe dapprima accettato questa "cultura" e poi avrebbe denunciato e lasciato il marito giudicandola "intollerabile perché cresciuta in Italia".

Davanti alle affermazioni di Bassolino, la donna si è sentita lasciata sola. "Dov'è la giustizia e la protezione tanto invocata per le donne tra l'atro incoraggiate a denunciare al primo schiaffo? – ha detto – Oppure il fatto che io sia una bengalese tra le tante, mi rende di meno valore dinanzi a questo pm?".

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