Daniele Rezza condannato per l’omicidio di Manuel Mastrapasqua: “Il quartiere dove si cresce non è attenuante”

Lo scorso 2 luglio la Corte d'Assise di Milano ha condannato in primo grado Daniele Rezza a 27 anni di reclusione per l'omicidio di Manuel Mastrapasqua. Stando a quanto ricostruito, il 19enne avrebbe colpito il 31enne con una coltellata la notte dell'11 ottobre 2024 a Rozzano (nella Città Metropolitana di Milano) mentre cercava di rubargli un paio di cuffiette da 14 euro. Secondo la giudice Antonella Bertoja che ha presieduto la Corte, il fatto che Rezza provenga da un quartiere difficile di per sé non può valere per il riconoscimento delle attenuanti generiche perché darebbe vita a un "odioso pregiudizio in base al quale tutti gli abitanti del comune di Rozzano sarebbero maggiormente inclini alla delinquenza e, di conseguenza, dovrebbero godere di un trattamento sanzionatorio favorevole".
Nella sua requisitoria, la pm Letizia Mocciaro aveva chiesto per Rezza la condanna a 20 anni di carcere per omicidio senza contestargli alcuna aggravante. Secondo la magistrata, infatti, dovevano essere tenute in considerazioni "le disagiate condizioni socio-familiari di Rezza" e la sua giovane età. Come si può leggere nelle motivazioni della sentenza di primo grado che ha portato a una condanna a 27 anni di reclusione, per la giudice Bertoja l'età può avere un peso nelle attenuanti generiche, ma non può averlo il luogo di residenza.
Il fatto che avesse 19 anni al momento del fatto, ha scritto la giudice, avrebbe portato a una "immaturità dell'imputato, che ha agito in modo irruento e superficiale, sull'onda di una spinta adrenalinica o emotiva, e che per prevalere sulla propria vittima ha dato luogo a un danno del tutto sproporzionato e esorbitante rispetto al proprio obiettivo", ovvero appunto il furto di cuffiette da 14 euro. La sua consegna alla polizia ferroviaria di Alessandria, alla quale ha confessato l'omicidio mentre cercava di fuggire in Francia, sarebbe la prova che era incapace di sorreggere il peso delle conseguenze. Questo elemento, in aggiunta appunto alla confessione "genuina", potrebbe portare all'effettivo riconoscimento delle attenuanti generiche.
Non varrebbe lo stesso, però, per il fatto che Rezza sia cresciuto a Rozzano. "Tale soluzione darebbe luogo a un odioso pregiudizio", ha scritto la giudice, "pur essendo fisiologicamente influenzato dal proprio ambiente d'origine, non è una mera proiezione di tale luogo, ma dispone di libero arbitrio". Piuttosto, ha concluso Bertoja, emergerebbe in questa vicenda la figura di genitori "impotenti e sottomessi al figlio" che, invece di denunciarlo, lo avrebbero aiutato a fuggire all'estero e a distruggere il corpo del reato: "Comportamenti deprecabili", si legge nelle motivazioni, "tuttavia espressione di istinti genitoriali di protezione".