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Dal denaro del riscatto a un terzo imprenditore coinvolto: tutti i dubbi sul rapimento di Sandrini

La Procura di Roma dovrà svelare ancora alcuni dubbi sul rapimento dei Alessandro Sandrini, l’imprenditore bresciano accusato di truffa per aver inscenato un finto rapimento con tre complici che però una volta in Turchia lo hanno venduto “veramente” all’organizzazione terroristica di Al-Qaeda. Resta infatti ancora da capire se il denaro del riscatto è stato pagato dallo Stato italiano e quanti altri imprenditori hanno rischiato la stessa sorte di Sandrini, liberato nel 2019 dopo tre anni di prigionia.
A cura di Giorgia Venturini
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Restano ancora da risolvere alcuni dubbi sul rapimento di Alessandro Sandrini e Sergio Zanotti. Primo tra tutti capire se il denaro del riscatto diviso tra i tre arrestati Alberto Zanini, Fredi Frrokaj, Olsi Mitraj, finiti in manette ieri martedì 30 marzo con l'accusa di aver inscenato il sequestro e di aver poi venduto i due imprenditori bresciani ad al-Qaeda, fosse stato pagato dallo Stato italiano. Altro punto su cui le indagini della Procura, coordinate dal pubblico ministero Sergio Colaiocco, dovranno far luce è il ruolo che ha avuto un terzo imprenditore bresciano: stando alle prime informazioni anche lui era pronto a salire su un aereo per la Turchi, ma una volta in aeroporto aveva fatto fallire i piani dei tre arrestati, due cittadini albanesi e uno italiano, decidendo di non prendere più il volo perché aveva giudicato troppo rischioso il suo viaggio. Così la scelta per un nuovo sequestro era finita su Sandrini. Ora gli inquirenti cercando ancora di risalire al nome per terzo imprenditore.

Dal finto sequestro al vero rapimento in Siria

Fino ad ora resta certo, come cita anche il Messaggero, che Alessandro Sandrini era d'accordo di inscenare un sequestro una volta atterrati in Turchia. Ma proprio qui le cose sarebbero andare storte per l'imprenditore bresciano che invece è stato veramente venduto ad Al-Qaeda: nelle mani dell'organizzazione terroristica c'è stato dal 2016 al 2019, anno della liberazione, in un rifugio segreto in Siria insieme a Zanotti. Così nel mirino della Procura di Roma è finito anche Sandrini, ora indagato per simulazione di reato e truffa. Mentre l'altro imprenditore bresciano Sergio Zanotti non è stato ritenuto dalla Procura tra gli indagati: era stato invitato in Turchia attirandolo con il pretesto di acquisire una partita di dinari iracheni fuori corso, nulla a che vedere dunque con la simulazione di un sequestro.

La testimonianza della ex fidanzata di Sandrini

Tesi che confermerebbe anche l'ex fidanzata di Sandrini sentita dagli inquirenti nel 2018: "Ho spesso pensato – come cita il Messaggero – che questo sequestro non fosse vero e che abbia inscenato questa farsa per guadagnare dei soldi. Alessandro frequentava brutte compagnie tra le quali un gruppo di albanesi". E ancora: "Ricordo che mi parlò della proposta di un viaggio di lavoro in Turchia per fare delle foto. Ricordo che quando l'ho accompagnato a Bergamo all'aeroporto si è incontrato con un uomo albanese". Stessa ipotesi confermata da un amico di Sandrini conferma l'ipotesi: "Contava di fare molti soldi con il falso sequestro". Ma c'è di più: "Prima di partire Sandrini mi aveva garantito che appena rientrato in Italia 100mila euro sarebbero stati miei se gli avessi tenuto il gioco, con la sua famiglia, i giornali e le forze dell'ordine". Alla fine poi tutto era andato non secondo i piani: un anno dopo il "vero" rapimento Sandrini era riuscito a chiamare la madre dicendole che non sapeva dove si trovasse e le chiedeva aiuto. Qualche settimana dopo una seconda telefonata: "Questi non scherzano, avvisa l'ambasciata. Mi vogliono uccidere". Fino alla liberazione nella primavera del 2019 e il ritorno in Italia.

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