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Cosa sappiamo sul caso camici in Lombardia: dubbi e incongruenze nel racconto di Fontana

Proseguono le indagini sul caso dei camici in Regione Lombardia. La guardia di finanza ha effettuato perquisizioni nell’azienda del cognato del governatore Attilio Fontana, la Dama spa di Andrea Dini, in cerca di documenti sulla fornitura di materiale sanitario da 513mila euro alla centrale acquisti regionale Aria. Lunedì il presidente leghista si è difeso in un lungo discorso al Pirellone, ma nella sua ricostruzione emergono incongruenze e dubbi sulla scansione temporale degli avvenimenti. Intanto gli inquirenti indagano sull’origine dei fondi detenuti in svizzera da Fontana, mentre le opposizioni sono pronte a presentare una mozione di sfiducia.
A cura di Simone Gorla
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Donazione caritatevole nei giorni di massima emergenza o affare di famiglia con i soldi dei contribuenti travestito da buona azione solo quando l'accordo è stato scoperto? È questa la domanda centrale nelle indagini sul caso dei camici in Regione Lombardia, la fornitura di materiale sanitario da 513mila euro da parte dell'azienda del cognato del governatore Attilio Fontana, la Dama spa di Andrea Dini, arrivata alla centrale acquisti regionale Aria

Le indagini della Procura di Milano su Attilio Fontana e il cognato Andrea Dini

La vicenda e il possibile conflitto di interessi del presidente leghista sono stati rivelati da un'inchiesta di Report all'inizio di giugno, facendo partire un'indagine della Procura di Milano, coordinata dal procuratore aggiunto Maurizio Romanelli con i pm Furno, Scalas e Filippini. Nel registro degli indagati sono stati iscritti al momento i nomi dello stesso Attilio Fontana, per l'ipotesi di reato di frode in pubbliche forniture, il cognato Andrea Dini e l'ex dg della centrale acquisti Aria, Filippo Bongiovanni, per turbata libertà nel procedimento di scelta del contraente, oltre a un funzionario della stessa Aria.

Quello che non torna nella ricostruzione del governatore

Lunedì nell'aula del Consiglio regionale lombardo Fontana si è difeso con un lungo discorso, parlando di “polemiche sterili e inutili” e affermato che l’amministrazione “non ha speso un euro per i 50mila camici”. Quello che non torna nella ricostruzione di Fontana, che si è già contraddetto sostenendo prima di non avere saputo nulla e poi di aver chiesto lui al cognato di trasformare la fornitura in donazione, è la scansione temporale degli avvenimenti. Davanti all'assemblea del Pirellone, Fontana ha detto di aver saputo dell'accordo tra l'azienda del cognato e la centrale acquisti regionale solo il 12 maggio, quindi oltre un mese dopo la firma. A quel punto avrebbe chiesto al parente di rinunciare al pagamento "poiché il male è negli occhi di chi guarda" pur dicendosi "tutt’ora convinto che si sia trattato di un negozio del tutto corretto".

Ma la prima contraddizione si riscontra con la versione di Filippo Bongiovanni, il dg dimissionario di Aria, che ha riferito ai pubblici ministeri di aver  comunicato alla segreteria di Fontana già il 10 maggio che esisteva un contratto di affidamento diretto con l'azienda del cognato del governatore. Sarebbero quindi passati due giorni tra il momento in cui è avvenuta la comunicazione alla segreteria e quello in cui Fontana ha saputo e deciso di intervenire.

Ma c'è anche la versione dell'assessore Cattaneo, che ha coordinato la task force per gli approvvigionamenti di dispositivi e materiale medico, che secondo quanto riporta il Fatto Quotidiano avrebbe riferito agli inquirenti di aver informato Fontana del possibile conflitto di interessi già a metà aprile.  Una ricostruzione che lo stesso governatore, forse involontariamente, ha suggerito nel suo discorso al Pirellone dicendo: "Sapevo che Dama si era resa disponibile per aiutare durante l'emergenza covid. Cattaneo aveva interpellato Dama e altri fornitori sul territorio".

Conti in Svizzera e fondi scudati alle Bahamas, l'imbarazzo del presidente leghista

Gli inquirenti stanno anche verificando, come atto dovuto e per ora senza ipotesi di reato, l'origine dei fondi su un conto svizzero di Fontana da cui il governatore ha cercato di far partire un bonifico in favore del cognato da 250mila euro, una sorta di "risarcimento" per i mancati guadagni dalla vendita alla Regione dei 50mila camici. Un “tesoro” da 5,3 milioni frutto dell'eredita della madre, che in precedenza era detenuto da due “trust” alle Bahamas. Nel settembre 2015 Fontana ha utilizzato la legge sulla “voluntary discosure” per regolarizzare il denaro, ricevuto in eredità dalla madre. Tutto lecito, almeno da quando i fondi sono stati “scudati”, ma Fontana di questi soldi all’esterno non aveva mai parlato.

Le opposizioni pronte a chiedere la sfiducia

Per tutto questo le opposizioni in Consiglio regionale, con l'eccezione di Italia Viva, hanno annunciato l'intenzione di presentare una mozione di sfiducia contro Fontana e la sua giunta. “Ha mentito, ha ritrattato tutto quello che aveva dichiarato. Nel suo intervento al Pirellone non ha mostrato nessun ripensamento, nessun pentimento sulle scelte fatte. Per questo si deve dimettere”, ha dichiarato a Fanpage.it il capogruppo del Movimento 5 Stelle, Massimo De Rosa.

Intanto la guardia di finanza ha effettuato una perquisizione all’interno degli uffici della Dama spa, Le fiamme gialle cercano documenti sulla mancata consegna di 25mila dei camici commissionati dalla Regione, che la società non avrebbe consegnato dopo la trasformazione dell'affidamento diretto in donazione, con l'idea di rivenderli per rientrare delle perdite.

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