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Amministrazione giudiziaria per la casa di moda Alviero Martini: non vigila sullo sfruttamento dei lavoratori

Amministrazione giudiziaria per l’azienda Alviero Martini: l’accusa è di non aver controllato la filiera produttiva che consente la creazione delle borse del marchio. Per la loro realizzazione, sarebbero stati sfruttati lavoratori cinesi.
A cura di Ilaria Quattrone
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La Procura di Milano ha emanato un provvedimento di amministrazione giudiziaria per la società Alviero Martini perché è accusata di non essere stata capace di prevenire e arginare lo sfruttamento di lavoratori nel ciclo produttivo che permette la realizzazione dei propri prodotti. L'azienda, secondo gli inquirenti, non avrebbe mai effettuato ispezioni sulla filiera: non avrebbe quindi appurato le reali condizioni lavorative degli operai e le capacità tecniche delle aziende appaltatrici.

Le accuse

Sulla base di quanto scoperto dai magistrati milanesi, la casa di moda avrebbe affidato, attraverso contratti di appalto con divieto di sub-appalto, l'intera produzione a società terze. Avrebbe quindi esternalizzato i processi produttivi. Le aziende appaltatrici sarebbero state in grado di competere sul mercato solo esternalizzando le attività a fabbriche cinesi.

Sono queste ultime che, per abbattere i costi, avrebbero utilizzato manodopera irregolare e clandestina. I lavoratori avrebbero lavorato di notte o la domenica per evitare i controlli e avrebbero dormito negli stessi locali in cui avrebbero creato gli oggetti. Avrebbero poi fabbricato borse per un costo di venti euro: queste sarebbero però state vendute in negozio a 350 euro.

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I controlli

Le forze dell'ordine, a partire da settembre 2023, hanno effettuato gli accertamenti sulle modalità di produzione, confezionamento e commercializzazione dei capi. Hanno poi verificato i soggetti affidatari degli appalti e quelli sub-affidatari non autorizzati: sarebbero poi risaliti a opifici gestiti da cittadini cinesi situati nelle province di Milano, Monza e Brianza e Pavia.

Ne sono stati controllati in tutto otto: tutti risultati irregolari. Sono stati identificati 197 lavoratori, di cui 37 erano in nero e clandestini. Sono stati deferiti in stato di libertà, a vario titolo per caporalato, dieci titolari di aziende di diritto o di fatto di origine cinese nonché 37 persone non in regola. Sono state notificate multe per oltre 153mila euro e sanzioni amministrative pari a 150mila euro e per sei aziende è stata disposta la sospensione dell'attività per gravi violazioni in materia di sicurezza e per utilizzo di lavoro nero.

La posizione dell'azienda

In una nota per la stampa, l'azienda chiarisce che "le attività illecite oggetto delle indagini della Procura non sono state commesse da Alviero Martini S.p.A. né da soggetti appartenenti alla sua rete autorizzata di fornitori", in quanto "il riportato ricorso a ‘laboratori cinesi' è imputabile esclusivamente a sub-fornitori non autorizzati". Pertanto la società non è soggetta a commissariamento, bensì è “affiancata da Amministratori Giudiziari”. Inoltre l'azienda specifica di "non aver tratto alcun profitto dalla commissione degli illeciti riscontrati dalla Procura".

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